Razze umane

Razze umane: storia e inganno di un concetto superato dalla scienza

Pianeta terra. In questi circa trecento mila anni.

Altruismo e conflitto nascono dalla stessa radice biologica (oltre che culturale).

Razze umane

Oggi le attitudini razziste si scontrano contro l’evidenza scientifica, ma la scoperta dell’inesistenza delle razze umane scalfisce solo minimamente i razzisti. Non hanno alcun argomento biologico, storicamente importante, d’accordo, ma sfortunatamente si può discriminare qualcuno anche soltanto per ragioni culturali e cognitive. Continuano così ad avere successo le criminali operazioni di costruzione intenzionale del nemico. Operazioni talora sfociate in massacri e pulizie etniche anche tra gruppi umani che fino a un certo momento erano convissuti nella stessa regione.

Tuttavia, l’apprendimento culturale e sociale può anche mitigare le reazioni istintuali, farci liberamente scegliere di avere comportamenti scientificamente corretti.

La cultura può battere l’amigdala. Alcune competenti e appassionate riflessioni risultano antidoti contro le scorciatoie mentali che talvolta seducono il nostro cervello. Può essere pertanto utile descrivere più in particolare il cortocircuito fra inesistenza fattuale delle razze e radicamento persistente dei razzismi in dinamiche collettive, verificando i riferimenti formali alla “razza” (magari con contenuti di contrapposizione) in dizionari, costituzioni, questionari informativi.

In tal senso, occorre valutare bene se esista una qualche definizione più funzionale di razza biologica, visto che certo vi sono state una irresistibile ascesa, diffusione e affermazione della parola, dell’equivoco e dei paradossi dalla fine del XVII secolo ai giorni nostri.

Il saggio di Michele Pompei

L’ottimo giornalista, regista e conduttore radiofonico bolognese Michele Pompei (1966) racconta in modo succinto ed efficace la storia secolare e culturale del lungo “inganno” connesso all’idea di “razze umane” (da cui il titolo), ancora spesso evocate nei contesti più diversi, suggerendo (attraverso dubbiose approfondite meticolose riflessioni) la conclusione che è proprio meglio riformularla sempre e toglierne quanto più possibile i riferimenti in atti ufficiali.

L’”invenzione” è servita a giustificare colonialismo, schiavitù e altre nefandezze.

Struttura del saggio Razze umane

Il primo capitolo (“cavalli di razza”) ricostruisce e disamina le questioni etimologiche nazionali, concludendo che il termine è comparso in Sicilia attorno alla metà del Duecento dal francese haraz, il cui significato è “allevamento di cavalli”. Dovrebbe dunque essere adoperato “solo per definire un’identità non umana”.

Il secondo capitolo (“vedi alla voce razza”) riguarda il contesto comparato dei dizionari delle varie lingue. Dopo premesse metodologiche, viene esaminato innanzitutto un campione di 19 europee ove, con rare eccezioni, si mantiene il riferimento al termine italiano, se ne conserva la radice, esiste fra le plurali definizioni anche una qualche modalità di identificare gli esseri umani. Fra le altre decine di lingue asiatiche e africane campionate (accennando alle famiglie linguistiche), radici e termini risultano più vari e cangianti, talora (come in ebraico) non esiste nemmeno una traduzione univoca. Gli aspetti problematici riguardano quasi esclusivamente l’occidente, conseguenza delle grandi esplorazioni, delle migrazioni e del pessimo colonialismo.

Il terzo capitolo compie “il giro della razza in ottanta costituzioni”. 14 dell’Africa, 8 delle Americhe, 18 dell’Asia, 2 dell’Oceania e 38 dell’Europa. Particolare attenzione è data all’Assemblea Costituente e alla Costituzione italiana (“razza” si potrebbe anche togliere come proponeva Pietro Greco, fra gli altri).

Il quarto capitolo valuta quali e quante eventuali razze umane vengono contemplate in questionari informativi e formulari di singoli stati (uno diverso dall’altro, comunque, nel merito e nel metodo), con particolare attenzione alle aggiornate osservazioni della medicina statunitense e all’uso come sinonimi di etnia, identità, cultura.

Il quinto capitolo distingue tre principali tipologie di razzismo: primario (diffidenza biologica propria di molte specie), secondario (specifico dei sapiens), terziario (teorizzato da alcuni), con particolare attenzione ai testi del grande Charles Darwin.

Il sesto capitolo è stato steso dal giovane comunicatore scientifico Roberto Russo. Parla di genetica, precisando che ormai i tempi sono tornati maturi per limitare l’uso del termine razza solo a “identità non umane”.

Manca un indice dei nomi e un’unitaria bibliografia (testi citati nelle poche singole brevi note a piè di pagina).

Ottimi spunti da Pievani e Bencivelli.

Innumerevoli sono i riferimenti alle migrazioni e al meticciato della nostra specie, forse senza trarne in questa occasione alcune possibili conseguenze nella biologia e nelle scienze evoluzionistiche.

Il libro

Michele Pompei
Razze umane. Breve storia di un lungo inganno
con la collaborazione di Roberto Russo
prefazione di Telmo Pievani; postfazione di Silvia Bencivelli
Scienza Express, 2024

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Valerio Calzolaio

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