La sua è, in qualche modo, la voce di un esule. Il sentire vivo e straziato di un pellegrino chiamato ad attraversare uno spazio immenso e desolato. Un giardino ischeletrito. Ora bianco di brina, ora lampeggiante di rosso, dove il piede incespica di continuo e l’occhio sembra brancolare in un’oscurità destinata a infittirsi, a inorridire il viandante senza più casa. Privo di una bussola che lo possa guidare. Condurlo, con un po’ di fortuna, verso un’altra meta. Solo, costretto a un viaggio che gli appare sempre più come un’estrema, inesorabile deriva.
Alle sue spalle, infatti, non resta nulla se non una scia vorticosa e corrusca di detriti, di frantumi, di voci ormai dolorosamente perdute. Fantasmi che si agitano, levano lamenti, cadono vinti e straziati sulle soglie chiuse. Sulle strade lorde di sangue. Sui cigli neri e riarsi dove il passante invano attende. Lancia, nel silenzio scarlatto della sera, il suo grido di disperazione.
Georg Trakl poeta esistenzialista
Considerato uno dei più grandi poeti di lingua tedesca di tutto il Novecento, Georg Trakl (1887-1914) ci mostra l’enigma tragico e tortuoso dell’uomo moderno. L’oscurità che lo trascina e lo illumina, lo condanna e lo sospinge in avanti in cerca di un’unità irrimediabilmente perduta. Nessun mondo nuovo sembra però sorgere dalle macerie disseminate lungo quel cammino. Un senso di non appartenenza si dilata fino a diventare allora come un gigantesco sole nero a cui non vi è più modo di sfuggire.
La vita breve e tragica del giovane poeta austriaco (Trakl si toglierà la vita nel 1914 durante gli orrori della Grande guerra) sembra compiersi sotto la luce nera di quell’astro che non illumina ma oscura implacabilmente sia il viaggio, sia le terre d’approdo (forse del tutto immaginarie o mai davvero esistite). Certamente, però, come dice Claudio Magris nella sua prefazione alle poesie del tormentato autore di Salisburgo (pubblicate da Garzanti nella collana I grandi libri),
“le interpretazioni di Trakl sono dei confronti con l’essenza del nostro destino… uno di quei poeti chiamati a rendere abitabile la terra o a mostrarne l’inabitabilità”.
Foto | WikiCommons
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