Può un romanzo irlandese del 1800 regalare divertimento a un lettore di oggi? Ebbene sì. Sorprendendo persino me stessa, ho letto tutto d’un fiato Il castello Rackrent di Maria Edgeworth (traduzione di Pietro Meneghelli), ridacchiando sotto la coperta nelle fredde sere.
Da principio ero perplessa. Non avevo letto la trama e non sapevo nulla del libro né del significato della parola Rackrent (“arraffa affitti”). Mi ero, pertanto, dedicata a questa lettura con tono serioso. Del resto la precisazione sotto il titolo è chiara: Una storia irlandese ricavata da fatti realmente accaduti, e dalle usanze dei gentiluomini di campagna irlandesi prima dell’anno 1783.
L’autrice infatti sostiene di aver raccolto le memorie di un vecchio servitore. Si tratta di Thady Quirk, che non ha mai abbandonato la famiglia presso cui ha cominciato a lavorare. La sua lealtà e la sua parzialità sono indubbie. Non solo: sono anche rivelatrici, attraverso i dettali del racconto, del carattere e delle usanze irlandesi (il testo è corredato da note per gli inglesi che poco conoscono l’Irlanda).
Soltanto quando mi sono accorta che ridevo da sola, ho capito che non era il tipo di romanzo che mi aspettavo. I padroni che si succedono alla guida del castello sono davvero pessimi e quasi fanno a gara nello sperperare le loro fortune. Non sono da meno le loro mogli e i loro figli. Anche il figlio dello stesso Thady, che, crescendo, capisce come volgere a proprio vantaggio l’inettitudine dei ricchi proprietari.
Di cosa parla il libro Il castello Rackrent
Quella di Thady è pura pervicacia: nessuna azione, neanche la più abietta, viene identificata come tale. I suoi padroni e le loro mogli si comportano sempre nel modo migliore possibile, anche quando sono palesemente in torto, inseguiti dai creditori, odiati dalle persone con cui si sono comportati malissimo. Sembra il parente povero del Candido di Voltaire.
Tuttavia, la mia signora era molto caritatevole, a suo modo. Mandava avanti una scuola gratuita per i bambini poveri, dove si insegnava a leggere e scrivere gratis, e dove in cambio li si faceva filare gratis per la mia signora.
Di anno in anno, Tahdy invecchia e con lui la magione. Casa che, grazie ai proprietari che si sono succeduti – Sir Patrick, Sir Murthag, Sir Kit, Sir Condy dediti al gioco e al bere – perde letteralmente i pezzi. L’Irlanda sembra crollare sotto il peso della sua immobilità e si prepara all’annessione della Gran Bretagna.
A trionfare su tutti, criticato a volte aspramente dal suo stesso padre, Jason. Grazie a intelligenza e perseveranza, e dando vita a un nuovo corso tipicamente irlandese, si ritrova in mano tutti i possedimenti narrati nel resoconto del vecchio Thady. Si trasforma, così, da indigente in nuovo proprietario:
Così Sir Condy fu ben contento di prendere il denaro per la cessione del padiglione da mio figlio Jason […] un buon affare per entrambe le parti, perché mio figlio ebbe per sempre la proprietà completa di una bella casa, per sé e per i suoi eredi, a poco o nulla, mentre vendendola a quel prezzo il mio padrone si salvò dalla prigione.
Il libro
Maria Edgeworth
Il castello Rackrent
traduzione di Pietro Meneghelli
Fazi, 2017
Recensione a cura di Mariantonietta Barbara
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