Abbiamo forse smarrito il senso della vita e, soprattutto, dimenticato che siamo destinati a soccombere se non rispettiamo la natura? A queste e altre domande non meno impegnative tenta di dare una risposta lo splendido racconto di Jack London Accendere un fuoco.
“Cinquanta gradi sotto zero per lui non erano altro che cinquanta gradi sotto zero. Che ci potesse essere qualcosa di più importante era un pensiero che non gli era mai venuto in mente.”
Accendere un fuoco
Il racconto Accendere un fuoco, noto anche, a seconda delle traduzioni, con il titolo Preparare un fuoco, è da molti considerato – compreso dal sottoscritto nel ciclo di video interviste dedicate a Come si fa un libro – non solo il racconto migliore di Jack London, ma il miglior testo in assoluto nel non facile genere letterario del racconto.
Volendo, potremmo addirittura considerarlo come una sorta di prototipo di come dovrebbe essere scritto un racconto.
Un racconto perfetto?
La domanda naturalmente è retorica e la tentazione di rispondere in senso affermativo è forte, non lo nego. Perché? Ma perché è raro leggere un racconto così breve e allo stesso tempo così denso d’azione e significato. Scritto oltretutto in una forma lapidaria e con un linguaggio asciutto e scarnificato, quasi postmoderno.
Non stupisce che Ernest Hemingway, un altro gigante della letteratura moderna, considerasse London un punto di riferimento per stile, contenuti, nonché tragico modello di vita.
Segnalo, per i più attenti, che questa è la seconda versione del racconto, che l’autore rivide e modificò in maniera non marginale nel 1908. Un plauso alla bella traduzione di Riccardo Mainetti, che rende giustizia alla bellezza del testo.
La trama di Accendere un fuoco
La storia è molto semplice e anche in ciò consiste la grandezza dell’autore: un uomo, del quale l’autore non ci rivela neppure il nome, è deciso ad attraversare a piedi il Klondike, nel Canada nord-occidentale, al confine con l’Alaska.
L’ambiente è a dir poco ostile: la temperatura esterna è glaciale, ben oltre il limite di sopravvivenza, e attorno all’uomo regnano incontrastate distese di neve e ghiaccio.
Eppure l’uomo, in una sorta di delirio di onnipotenza, sottovalutando la gravità della situazione, è convinto di poter raggiungere la sua meta, a dispetto delle circostanze. È certo di essere preparato a fronteggiare qualunque avversità, attrezzato com’è con fiammiferi, una slitta e un cane fedele, forse più giudizioso di lui.
Ma la natura selvaggia ha le sue leggi e non è disposta a piegarsi facilmente ai voleri dell’uomo, come imparerà a sue spese il protagonista della storia.
Uomo e animale
L’autore mostra al lettore due differenti modi d’intendere la vita. Da un lato l’uomo, con la sua esperienza, ma anche con la sua arrogante sottovalutazione dei rischi e dall’altro la saggezza o, se preferite, l’istinto animale.
“L’animale era avvilito per il freddo tremendo. Sapeva che non era tempo di viaggiare. Il suo istinto raccontava una storia più vera di quella che il giudizio umano aveva raccontato all’uomo.”
Se avete, come immagino, letto altri testi di Jack London – pensate ad esempio ai celeberrimi Il Richiamo della foresta e Zanna Bianca, oggetto di numerosi, più o meno riusciti, adattamenti cinematografici – allora forse potete immaginare chi avrà la meglio nella battaglia con gli elementi.
Oltretutto, per come viene rappresentato il protagonista umano, il lettore è quasi portato a parteggiare più per il cane che non per l’uomo, preda a un certo punto di pensieri e intenzioni terribili nel disperato tentativo di sopravvivere a ogni costo.
La natura
La descrizione della natura è magistrale nella sua ricercata semplicità: precisa, quasi fotografica, ma allo stesso tempo raffinatissima per scelta delle espressioni e delle immagini.
“Lo Yukon si stendeva per l’ampiezza di un miglio ed era nascosto sotto tre piedi di ghiaccio. Sopra questo ghiaccio c’erano altrettanti piedi di neve. Tutto era bianco candido, dolcemente ondulato dove si erano formate le placche ghiacciate.”
Il libro
Jack London
Accendere un fuoco
traduzione dall’inglese di Riccardo Mainetti
flower-ed 2020
La foto di Jack London è da WikiCommons
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