pazzia e letteratura

Pazzia e letteratura, quale rapporto?

Si dice che gli stolti aprano cammini che poi i saggi seguiranno. O che il confine tra pazzia e genialità sia molto labile. Queste affermazioni sembrano essere molto vere nel caso degli scrittori o, se preferite, nella relazione che ci sarebbe tra pazzia e letteratura.

L’intima connessione tra pazzia e letteratura

Molti mostri sacri della letteratura hanno avuto una qualche forma di “disordine”.

Friedrich Hölderlin (1770-1843) era schizofrenico, parlava continuamente con se stesso in una lingua incomprensibile e solo dopo, a sera, scriveva poesie (serene, per ironia); Percy Bysshe Shelley (1792-1822) soffriva di frequenti attacchi di melanconia, allucinazione e sonni letargici; l’umore di Byron (1788-1824) cambiava spessissimo; Charles Baudelaire (1821-1867) era vittima di frequenti crisi nervose, nevralgie e vertigini che lo lasciavano prostrato a letto; Marcel Proust (1871-1922) rimaneva chiuso in casa per settimane, tra tende pesanti e nutrendosi di caffeina, birra e gelati. E alla lista possiamo aggiungere Virginia Woolf (1882-1941), Allen Ginsberg (1926-1997) e Sylvia Plath (1932-1963).

Secondo lo psichiatra Enrique González Duro non è una mera casualità:

Ci sono troppi esempi di autori curati, rinchiusi, a cui è stata diagnosticata qualche forma di pazzia perché la relazione tra letteratura e pazzia sia casuale. È curioso notare come in molte culture il pazzo sia un individuo ispirato, privilegiato, capace di percepire e di dire quello che altri non captano. Sempre si è cercata una connessione tra pazzia e arte. L’artista, con il suo lavoro, tende a crearsi un mondo interiore che lo allontani dalla realtà e se questo processo non ritorna al mondo reale sotto forma di prodotto artistico, si corre il rischio di rimanere intrappolati in questo mondo immaginario. In un certo senso si potrebbe dire che la creazione artistica libera dalla propria pazzia.

Pertanto, se quando vi accingete a scrivere siete tormentati da mal di testa e crisette varie, allora potreste essere sulla strada per diventare grandi maestri della parola scritta (del resto, bisogna essere un po’ stolti per dedicarsi all’insana arte della scrittura e della lettura…).

Foto | Particolare de Il giardino dei pazzi, di Francisco Goya (1794) – via WikiCommons

Roberto Russo

Roberto Russo

Roberto Russo è nato a Roma e vive a Perugia. Dottore in letteratura cristiana antica greca e latina, è appassionato del profeta Elia. Segue due motti: «Nulla che sia umano mi è estraneo» (Terenzio) e «Ogni volta che sono stato tra gli uomini sono tornato meno uomo» (Tommaso da Kempis). In questa tensione si dilania la sua vita. Tra le altre cose, collabora con alcune testate online, è editore della Graphe.it, e tanto tempo fa ha pubblicato un racconto con Mondadori.

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