Carnevale vecchio e pazzo
La poesia di Carnevale vecchio e pazzo

Carnevale vecchio e pazzo, poesia attribuita a Gabriele D’Annunzio

Carnevale vecchio e pazzo è il titolo di una poesia attribuita a Gabriele D’Annunzio (1863-1938). Come ci ha fatto notare l’Archivio del Vittoriale, però, non c’è conferma in letteratura di quest’opera, né tantomeno la si trova nella raccolta Versi d’amore e di gloria. È un po’ come Muore lentamente di Martha Medeiros che viene sempre attribuita a Pablo Neruda.

Quindi anche se molti la conoscono come filastrocca di Carnevale di Gabriele D’Annunzio, le cose non stanno così. Tuttavia rimane una poesia di Carnevale e in questo senso la approfondiamo.

La filastrocca Carnevale vecchio e pazzo

Si tratta di una filastrocca in rima che riprende i temi classici legati al Carnevale.

Innanzitutto non si bada a spese per festeggiare e si compiono anche azioni scellerate (come vendersi il materasso, per esempio); poi c’è abbondanza di cibo e, soprattutto, di dolciumi – nella poesia sono nominati i tarallucci (che possono anche essere salati) e le frittelle –, ma anche di pane, cotechino e l’immancabile vino, che viene bevuto in così grandi quantità da far scoppiare la pancia del Carnevale che, tra l’altro, viene personificato e visto come un vecchio pazzo. Il fatto che gli scoppi la pancia per il troppo bere non impedisce a Carnevale di continuare a mangiare.

La chiusa della poesia Carnevale vecchio e pazzo è amara, ma fa riferimento alla tipica usanza di bruciare un fantoccio alla fine del martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale.

C’è anche un altro aspetto da tener presente nella chiusura della filastrocca carnevalesca attribuita al Vate. Le parole usate (dalla polvere era nato / ed in polvere è tornato) sono un chiaro riferimento al rito del mercoledì delle ceneri quando il sacerdote, imponendo le ceneri sul capo dei fedeli, dice: “Ricordati che sei polvere e polvere tornerai”.

Il testo della poesia di Carnevale

Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.

E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia a un pallone.

Beve e beve e all’improvviso
gli diventa rosso il viso,
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia…

Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale,
dalla polvere era nato
ed in polvere è tornato.

Lo schema delle rime della poesia Carnevale vecchio e pazzo e AABB: si tratta quindi di rima baciata, dal momento che un verso rima con quello seguente (i due versi si baciano!). Tuttavia, c’è da notare che i primi due versi non sono affatto in rima (pazzo/materasso): sono più che altro un’assonanza tra una consonante affricata (zz -> ts, ts) e una consonante fricativa sibilante (ss).

Foto | Clarita

Roberto Russo

Roberto Russo

Roberto Russo è nato a Roma e vive a Perugia. Dottore in letteratura cristiana antica greca e latina, è appassionato del profeta Elia. Segue due motti: «Nulla che sia umano mi è estraneo» (Terenzio) e «Ogni volta che sono stato tra gli uomini sono tornato meno uomo» (Tommaso da Kempis). In questa tensione si dilania la sua vita. Tra le altre cose, collabora con alcune testate online, è editore della Graphe.it, e tanto tempo fa ha pubblicato un racconto con Mondadori.

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