Preghiera per Černobyl’ è una delle opere di Svetlana Aleksievič, Premio Nobel per la letteratura 2015, che in Europa ha avuto maggiore eco. Il titolo per certi versi depista. Se di preghiera si vuol parlare, bisognerebbe pensare a un’orazione di umanità dolente che si ferma a mezz’aria senza avere la pretesa di travalicare gli orizzonti dell’umano.
Černobyl’ è un desolante monumento all’umana superficialità travestita da eroismo. È l’extrema ratio di chi con mente rapace ha cercato di carpire alla natura ogni possibile risorsa e all’uomo ogni idealità.
Si dice che Černobyl’ rappresenti la tomba del comunismo. Sicuramente il 26 aprile 1986 segna un punto di non ritorno. Sigla l’atto di morte dell’URSS, un gigante che non è mai riuscito a confrontarsi con la propria umana fallacità. La catastrofe nucleare, infatti, non dissemina polveri mortali e piogge nere su vaste aree del territorio sovietico, ma produce effetti fino ai confini del continente. Ovunque, allora, si ripeteva di evitare di consumare latte e latticini, di lavare meticolosamente frutta e ortaggi, più per mostrare alla popolazione che qualcosa si stava facendo, che si sapeva come arginare la minaccia, che per reale convinzione. In realtà non si è saputo reagire, meno che mai in URSS, dove si lavavano le facciate dei palazzi, si “grattava” lo strato superficiale dei campi e si fasciavano di cellophane i bovini.
Ma quello che Černobyl’ rappresenta in modo netto è la fine del legame di fiducia basato sull’ideologia del predominio fra un popolo e il proprio governo, fra una nazione e una dirigenza negligente, superficiale, corrotta e spaventosamente inetta.
Preghiera per Černobyl’
In Preghiera per Černobyl’ le pagine si rincorrono richiamando alla memoria i grandi prosatori russi e la storia di un paese che ha sempre oscillato fra un desiderio di progresso perseguito strenuamente e una resistenza un po’ naïve alle costrizioni, alla disciplina, all’idea stessa della modernità; tra atomo e badile.
In Preghiera per Černobyl’ si legge, a tal proposito, un passo illuminante che mostra l’URSS come una ferrovia realizzata seguendo le direttive dei più grandi ingegneri delle vie di comunicazione su cui corre a tutta velocità il treno (a quel tempo i treni erano esasperatamente lenti), ma al posto dei macchinisti ci sono dei postiglioni.
Una giovane donna è seduta su una panca davanti alla casa, allatta il bambino al seno… Latte e cesio… Una madonna di Černobyl’.
Il libro
Svetlana Aleksievič
Preghiera per Černobyl’. Cronaca del futuro
traduzione di Sergio Rapetti
E/O, 2015
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