La figura di Jackie Kennedy – Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis, detta Jackie (1929-1994) – è, senza dubbio, una di quelle che appartengono alla coscienza collettiva. La maggior parte delle persone forse di lei sa ben poco e la ricorda in quei tremendi momenti che seguirono l’uccisione di suo marito, il presidente USA John Fitzgerald Kennedy.
A Jackie Kennedy è stata dedicata una miniserie televisiva con Roma Downey e, recentemente, Natalie Portman l’ha impersonata nel film di Pablo Larraín. Tra i testi a lei dedicati c’è quello di Elfriede Jelinek, Premio Nobel per la letteratura nel 2004, pubblicato da La nave di Teseo nella collana Le Onde, curato e tradotto da Luigi Reitani.
L’opera fa parte del ciclo La morte e la fanciulla con il quale Jelinek rappresenta miti e icone della cultura popolare (oltre a Jackie Kennedy troviamo Arnold Schwarzenegger, Bambi, Biancaneve) per mostrare il loro lato negativo e distruggerli. Il testo in questione è stato scritto nel 2002.
Il testo teatrale Jackie
Bisogna riconoscere che la lettura del testo Jackie di Elfriede Jelinek non è facile. Non si dimentichi che si tratta di un testo teatrale: è un monologo, quindi le indicazioni di scena sono quasi del tutto inesistente, ma il fiume di parole pronunciate dalla protagonista è tale che si può rimanere storditi. Anche perché la stessa autrice immagina la rappresentazione già carica di simbologia prima ancora che la protagonista apra la bocca. Nelle indicazioni di scena previe al testo, scrive Jelinek:
Immagino che [Jackie] si trascini dietro tutti i suoi cari estinti: i figli […], Jack, Bobby, Telis, messi insieme fanno proprio un bel fardello, non è vero? Dunque, come posso dire, quei morti se li deve trascinare dietro come in un tiro alla fune. O come un barcaiolo del Volga la sua barca. Non posso risparmiarvelo.
E sull’intensità della narrazione un’altra sua annotazione è preziosa:
Quei cari estinti l’attrice se li porterà dietro […] a fatica, perciò avrà il fiato sempre più corto, ansimerà fino a dove interrompere improvvisamente il monologo, stremata. A seconda della forma e della condizione accadrà un giorno prima e un altro dopo. E così il monologo sarà bello e finito.
La Jackie in scena non è la stessa della realtà, non potrebbe esserlo!, perché Elfriede Jelinek si «diverte» a immaginarla fino alle più estreme conseguenze. Un personaggio svuotato, annichilito, che si trascina sul palco e alla fine sparisce.
Consiglio di lasciarsi trasportare dalla lettura e assaporare la costruzione del testo. Se ci si ferma a ogni singola parola o a ogni frase si rischia, a mio modo di vedere, di non cogliere tutto il grande affresco che Jelinek dipinge dinanzi ai nostri occhi.
Bella, a mio modo di vedere, l’immagine scelta per la copertina. Risale al 15 dicembre 1962 durante le riprese di uno special della CBS dal titolo A Tour of the White House with Mrs. John F. Kennedy. Lei, Jackie, in rosso, dinanzi al tavolo da pranzo imbandito, copre con parzialmente un ingresso: un simbolo, forse, dell’impenetrabilità di certe situazioni, di alcuni pensieri.
Gli altri testi contenuti nel libro
Nel libro sono presenti anche altri due testi di Elfriede Jelinek. In fuorigioco, il discorso da lei pronunciato in occasione dell’accettazione del Nobel nel 2004. E Davanti a noi. Messo davanti a noi, altro discorso di Jelinek, questa volta del 1998 quando vinse il Premio George Büchner.
Il libro
Elfriede Jelinek
Jackie
traduzione di Luigi Reitani
La nave di Teseo, 2017
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