L'età dell'oro

L’età dell’oro: Gore Vidal ci porta nelle stanze del potere americano

L’età dell’oro di Gore Vidal è l’ultimo dei sette capitoli che descrivono la nascita e la crescita degli States. Si concentra sul periodo compreso tra il 1939 e il 1954. Preceduto dai romanzi BurrLincolnIl candidatoImperoHollywood e Washington D.C.L’età dell’oro racconta della seconda era Roosevelt e del momento in cui gli USA si interrogavano sul possibile intervento in Europa per fermare Hitler.

L’età dell’oro

A farci da ciceroni nella storia americana sono Timothy Farrell e Caroline, che un tempo hanno avuto una relazione e ora sono amici e forse pronti a lavorare nuovamente insieme.

Mentre Timothy si occupa di intervistare i personaggi più in vista per un documentario che esplori i diversi punti di vista sulla guerra in Europa e sul possibile intervento americano, Caroline (interventista) rientra nel giornale che possiede e raccoglie quante più notizie da fonti dirette. È solo il primo passo della narrazione, per raggiungere il quale seguiamo a stretto contatto i personaggi. Siamo introdotti, attraverso ricevimenti e cene (anche con Roosevelt e sua moglie Eleanor), nella mentalità americana, nelle posizioni politiche del tempo, nell’humus culturale in cui lo stesso Gore Vidal crebbe e che a volte descrive in modo lapidario attraverso alcuni degli “attori” del romanzo:

Peter richiamò alla memoria una cosa che Hopkins aveva detto a sua zia. «Per governare gli Stati Uniti devi spostarti a destra. Per vincere le elezioni a sinistra».

Impossibile sintetizzare tutta la trama di L’età dell’oro, in cui si mescolano politici, attori, registi realmente esistiti (Burr, Tennesee Williams, Orson Wells, Roosevelt, tra gli altri) e creazioni di Gore Vidal. Lo stesso scrittore però ci viene incontro sia con l’ultimo capitolo, che lo vede protagonista nella villa di Rapallo, che con la postfazione. Vi consiglio di leggere il libro al contrario. Prima queste ultime due parti e poi il romanzo vero e proprio. Perché?

Lo stile narrativo di Gore Vidal

L’ultimo capitolo, in cui Vidal parla e si racconta, ci permette di comprendere come il suo stile narrativo, infarcito di dettagli e nomi e dialoghi all’inverosimile, non sia una scelta voluta solo per la stesura del grande romanzo americano in sette capitoli. È invece la sua voce più autentica.

Peter, Iris e A.B. apprezzarono doverosamente quei visibili segni esteriori della gloria che era stata Cinecittà dove, contemporaneamente a Ben Hur, un giovane uomo rotondo con gli occhi grandi preparava La dolce vita e visitava in segreto, con la mia complicità, i nostri set imperiali top-secret, che poi sono rispuntati fuori in un gran numero di film sull’antica Roma, anche se nessuno, purtroppo, di Fellini.

La postfazione, d’altra parte, spiega le scelte storiche di Vidal, quali siano i personaggi inventati e quanta accuratezza storica possiamo ritrovare nei suoi scritti. Acutamente Vidal fa notare come spesso quelle che sono considerate fonti attendibili sono invece viziate da una sorta di buona creanza narrativa rispettata dagli scrittori americani a scapito della verità. Ad esempio, riferendosi a un dettaglio della vita di Lincoln da lui narrata e dalle bacchettate ricevute per averlo raccontato, scrive:

A quanto pare, nessun grande americano può mai prendersi una malattia venerea o tradire la moglie e così via. È stato allora che ho capito quanti sfacciati inventori di storie abitino fra gli accademici devoti di Clio.

Lo stesso vale per Thomas Jefferson, nonché per numerosi altri episodi, di peso politico, riportati proprio in questo romanzo:

Negli anni sono stato pubblicamente redarguito da una personalità del calibro di Dumas Malone perché, visto che nessun gentleman, nel Sud, prima della guerra civile, sarebbe mai andato a letto con una schiava e Thomas Jefferson era un grande gentiluomo, non avrebbe potuto avere figli dalla sua schiava Sally Hemings. Dunque una panzana nazionale è solidamente basata su un falso sillogismo. Quello che ho scritto della storia tra Jefferson e la Hemings (Burr, 1973) è stato oggi dimostrato attraverso il test del DNA.

Come leggere L’età dell’oro

Partire dunque dalle ultime pagine del libro L’età dell’oro, è come possedere una preziosa mappa per districarsi e talvolta interpretare la corposa narrazione, che si snoda ahimè a volte come un labirintico bazar in cui si rischia sempre di perdersi e di fermarsi sconsolati ad aspettare che qualcuno ci invogli a proseguire.

Il libro

Gore Vidal
L’età dell’oro
traduzione di Luca Scarlini
Fazi, 2017

Recensione di Mariantonietta Barbara

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