Rumore bianco

L’ipocondria, grande male della società contemporanea: recensione del romanzo Rumore bianco di Don DeLillo

Farsi folla significa tenere lontana la morte. Uscire dalla folla significa rischiare la morte individuale.

Uno scrittore per addetti ai lavori?

Strano destino, quello di Don DeLillo, mostro sacro della letteratura contemporanea, destino del resto comune anche a Salman Rushdie. Scrittori amatissimi, spesso considerati modelli ispiratori da molti loro colleghi e comunque in generale apprezzati dagli addetti ai lavori, accade a volte che il grosso del pubblico sia incline a snobbarli.

Indagare sulle ragioni per cui avvenga ciò ci condurrebbe troppo lontano, dal momento che entrano in gioco fattori quali le spietati leggi del marketing, l’esposizione mediatica di autori ed editori, le mode del momento.

Torniamo invece all’oggetto di questa recensione, ossia Rumore bianco, intrigante romanzo di DeLillo.

La storia narrata in Rumore bianco

Don DeLillo, Rumore bianco

Come in altri libri dell’autore, la storia narrata è piuttosto semplice, quasi scarna. Il protagonista è Jack Gladney, professore di studi hitleriani in un’università di provincia, affiancato da una famiglia allargata, frutto di diverse, precedenti relazioni.

Tra i comprimari un ruolo importante è rivestito da Murray J. Siskind, strampalato e divertente collega di Jack, bizzarro cantore dell’apocalisse postmoderna, che affonderebbe a suo dire le radici nel supermarket, eretto a feticcio esistenziale della società moderna.

È in questo contesto che irrompe l’imprevisto, sotto forma di una nube tossica.

La nube letale

La descrizione che DeLillo fa dell’evacuazione delle zone abitate e delle varie misure adottate in seguito all’evento tossico aereo assomiglia alla sceneggiatura di un film catastrofico per accuratezza descrittiva e qualità dei dialoghi. Non manca al riguardo chi ha ravvisato in tale evento una metafora delle tante “tossicità” cui siamo quotidianamente sottoposti.

Ma non è questo il punto. L’incidente serve invece all’autore come escamotage per motivare la paura della morte.

La morte come tema dominante

È l’incertezza sul proprio destino a segnare Jack e la moglie Babette, un terrore esistenziale che sfocia nella paranoia e nell’ipocondria. Non a caso la tacita domanda che intercorre tra i coniugi riguarda chi morirà prima.

Ma il tema della morte, non solo quella del protagonista del romanzo Rumore bianco, permea l’intero libro. Si legga ad esempio la riflessione attorno alle adunate oceaniche durante il nazismo:

“Morte. Gran parte di quelle folle si raccoglievano in nome della morte. Quelle folle accorrevano per fare da scudo alla propria morte.”

In tal senso una possibile chiave di lettura del libro potrebbe essere la denuncia di uno dei grandi mali esistenziali del nostro secolo, l’ipocondria appunto.

La sottotrama gialla di Rumore bianco

Inaspettatamente, l’autore inserisce nel romanzo una sottotrama dal sapore quasi thriller, con il racconto delle vicissitudini, torbide e un poco osé, che vedono coinvolta la moglie, alle prese con un pericoloso intrigo.

Ed è questo mistero che il marito cercherà di dipanare, con esiti anche drammatici.

La presunta critica al consumismo

Diverse recensioni puntano il dito sulla critica al consumismo che lo scrittore manifesterebbe in Rumore bianco. In realtà tale tema è sì presente, ma in maniera tutto sommato abbastanza marginale.

Semmai è presente una critica sferzante e sarcastica al modello culturale, anzi sottoculturale, dominante in America (e non solo lì, ahinoi): lo strapotere della televisione.

“Il mezzo televisivo è una forza di fondamentale importanza nella casa tipica americana. Conchiusa in sé, senza tempo, autolimitata, autoreferente. È come un mito nato qui nel nostro soggiorno, come una cosa che conosciamo in modo preconscio, quasi in sogno.”

E ancora:

“[…] Per la maggior parte della gente, in questo mondo ci sono soltanto due posti. Quello dove vivono e la loro TV. Se in televisione succede qualcosa, abbiamo il diritto di esserne affascinati, di qualunque cosa si tratti.”

Le dinamiche familiari

DeLillo mostra di conoscere alla perfezione le intricate dialettiche che animano i rapporti tra i componenti di quella che è a tutti gli effetti la famiglia allargata del protagonista.  

È così che ci troviamo a leggere pagine fitte di dialoghi, a volte estenuanti e inconcludenti, ma forse anche per questo assai verosimili.

L’ironia

A volte, forse per alleggerire la drammaticità della narrazione, l’autore fa sfoggio di un’ironia inaspettata, sia pure tendente allo humour nero:

“Tale padrone di casa era un uomo florido e di vaste dimensioni, di una salute tanto robusta ed esuberante che sembrava vittima di un infarto proprio mentre lo guardavamo”.

La forma del romanzo Rumore bianco

Molte pagine rifulgono di un linguaggio tagliente e ricercato, frutto di un evidente lavoro di scrittura e riscrittura, com’è nella prassi di DeLillo.

Un esempio:

“Erano questi livelli secondari di esistenza, questi lampi extrasensoriali, queste sfumature fluttuanti dell’essere, queste sacche di rapporti formatesi in maniera inattesa, a farmi credere che noi costituivamo un fatto magico, adulti e bambini uniti a condividere una serie inesplicabile di cose”.

Il libro

Don DeLillo
Rumore bianco
traduzione di Mario Biondi
Einaudi, 2014

Luigi Milani

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