Bukowski

Charles Bukowski, l’altro volto dell’America

Il 9 marzo 1994, moriva a San Pedro, in California, Charles Bukowski, il volto butterato e sporco dell’America, per una leucemia fulminante. Nato ad Andernach (Germania) da padre statunitense e da madre tedesca, è stato autore forse più amato in Europa che non nel suo paese d’adozione, gli Stati Uniti.

Non a caso i suoi libri cominciarono a godere di un certo successo commerciale proprio a partire dall’Italia, nel corso degli anni ’70, con la pubblicazione della raccolta di racconti Storie di ordinaria follia, dal titolo del racconto che ispirò anche il film di Marco Ferreri, interpretato da uno stralunato Ben Gazzara.

I libri di Bukowski

Passai accanto a duecento persone
e non riuscii a vedere un solo essere umano.

L’opera di Bukowski – sei romanzi, centinaia di racconti e un numero sterminato di poesie – ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nella letteratura moderna, non solo d’oltreoceano.

Scrittore caustico e irriverente, autoironico fino all’autodistruzione, con la sua prosa destrutturata e volutamente semplice ha saputo mostrare l’altra faccia della medaglia di una nazione dalla quale si sentiva non a torto escluso. Bukowski, l’uomo dei bassifondi e dei mille lavori, perlopiù umili e alienanti, non credeva nel menzognero “sogno americano”. Distorta dal capitalismo, schiacciata tra i due estremi di una ricchezza stellare in mano a pochissimi privilegiati e una miseria nera fatta di emarginazione, alcool a buon mercato e accattonaggio, l’american way of life andò sempre stretta al buon vecchio Hank, come amava farsi chiamare lo scrittore.

Nei suoi romanzi, ma soprattutto nei racconti, non di rado paradossali e grotteschi, e nelle sue brillanti poesie in prosa l’ex factotum ha saputo ritrarre con sarcastico disincanto gli aspri paradossi della società contemporanea, gli abissi di disperazione, ma anche i rari sprazzi poetici che anche i più disperati tra noi possono generare.

Lo sguardo dello scrittore sul mondo

Eppure Bukowski non è stato solo questo. Dietro i lineamenti aspri di un volto che sembrava intagliato nel legno si celava anche un versante tenero e affettuoso nei riguardi delle compagne e di sua figlia.

L’universo femminile è parte integrante dell’universo bukowskiano. L’autore amava con grande intensità – certo a modo suo, tra sesso disperato e abbrutimento alcolico – l’altra metà del cielo. Non a caso uno dei suoi libri più belli e divertenti è proprio Donne, pubblicato nel 1978, e che pure gli procurò qualche guaio, per aver ritratto con zelo forse eccessivo e con la consueta spudoratezza alcune sue compagne di vita.

La sua vita tormentata e “maledetta” ha fornito materiale per diversi film, dal già citato lavoro di Ferreri, peraltro non del tutto riuscito e del quale lo stesso Bukowski si dichiarava poco entusiasta, a Barfly, da lui stesso sceneggiato, diretto dal regista Barbet Schroeder e interpretato da un eccezionale Mickey Rourke. Segnalo inoltre la buona prova fornita da Matt Dillon in Factotum (2004), diretto da Bent Hammer, in quello che si è rivelato un riuscito adattamento del romanzo da cui è tratto.

Foto | Commonurbock23, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons

Luigi Milani

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