Razza di zingaro

Razza di zingaro: la storia di Johann Trollmann, il pugile sinti che sfidò il nazismo

Razza di zingaro di Dario Fo (Chiarelettere Editore) è un bellissimo omaggio a un atleta di cui si è parlato troppo poco. Con una scrittura semplice, una narrazione asciutta e senza fronzoli, Dario Fo narra una storia avvincente. Analizza un periodo storico certamente conosciuto ma affrontato in modo differente e con approfondimenti illuminanti. E anche un invito alla riflessione.

Dario Fo ci ha spesso affascinarti con storie spesso poco conosciute o non affrontate per esteso, dando voce a persone o a fatti che lasciano il segno nelle nostre coscienze. Sue sono anche le illustrazioni del libro, che completano brani o passaggi.

Razza di zingaro

Con il suo consueto tono da cantastorie, in uno stile narrativo semplice e privo di fronzoli, Fo in Razza di zingaro ci racconta la storia del grande atleta Johann Trollmann.

Parte dal 1914, quando a soli otto anni incontra per la prima volta la malia della boxe. Siamo nella Germania del Nord e per il bambino non si tratta del “solo” osservare uno scontro tra uomini ben allenati, bensì del respirare quell’insieme di regole, competizione, energia, eccitazione che lo elettrizzeranno al punto da restare in lui per sempre. I guantoni, i ragazzi, il maestro, il ring, il sudore, suoni e odori divengono ben presto parte di lui, che si rivela subito un fuoriclasse, un talento naturale, fin da giovanissimo.

«Quel ragazzino muove le gambe e il busto proprio come i sinti quando ballano nelle loro feste!»
«È vero! L’ho notato anch’io!» interviene il cameriere.
«E adesso che mi viene in mente – dice il secondo maestro –, ho sentito dire che ogni tanto i sinti, durante gli eccezionali raduni delle loro comunità, si esibiscono in scontri che assomigliano a quelli della gente del Siam, ma non per buttarsi giù l’un l’altro, solo per scaricarsi di dosso la rabbia e il rancore. Insomma, fingono di darsele di santa ragione, ma non si toccano quasi mai, come in una danza».

Johann, detto Rukeli

Infatti Johann, detto Rukeli (albero), non è di origine tedesca: è un gitano, un sinti appunto, uno zingaro. Vive in una famiglia ben integrata. La madre è conosciuta come “la guaritora”. La famiglia è unita e si respirano cultura e tradizioni ricche di saggezza e amore per la natura, di senso della dignità e della giustizia. Dario Fo sa bene come far respirare questa stessa aria al lettore, appassionandolo alla vicenda di Johann e della sua grande famiglia o di un modo di pensare e di vivere la vita così semplice e puro…

Chi non deve mentire non ha bisogno di infiorare le parole di termini astrusi che gli permettano di essere creduto, così si ritrova con un linguaggio ridotto al minimo. Essenziale.

La prima guerra mondiale vede il ragazzo ospite, con il resto dei suoi cari, nella fattoria dello zio. vivere quotidiano tra i cavalli e un cugino “compare di boxe”, si sente in paradiso. Una bella parentesi di tavolate, feste, contatto con la natura e con gli animali, chiacchiere e allenamento costante che lo riporterà più che in forma alla sua palestra.

Una storia avvincente

Nel 1918 l’esercito tedesco è allo stremo delle forze. Ma le forze le hanno perse in tanti e la fine della guerra lascia una scia di mutilazioni e di disperazione. Gli anni passano e la danza di Rukeli – che unisce talento e intelligenza – prosegue con successo, sebbene la sua carriera sia intralciata proprio dalle sue origini.

Sono tempi in cui si comincia a sentir parlare di un certo Hitler. Tempi in cui gli zingari così totalmente integrati desiderano e chiedono invano la cittadinanza tedesca. Johann è amato dalle donne, campione dei pesi medi nella Germania nordoccidentale.

Qualcosa, però, sta cambiando e Adolf Hitler ben presto non è più solo un nome. Il 30 gennaio 1933 diventa cancelliere del Reich. Ciò accade più o meno proprio in un momento di grande felicità per l’atleta, il quale – innamoratosi di una cosacca – la presenta finalmente a tutta la sua famiglia. Da sposo felice, si ritrova a fare i conti con Hitler che manifesta in modo più deciso la sua politica di discriminazione contro la razza ebrea, contro gli omosessuali e gli zingari (addirittura sottoposti a sterilizzazione). Un sinti, non può e non deve diventare un campione in Germania.

Dire addio allo sport pulito, quello che premia i talenti indipendentemente dalle loro origini, nascondersi, rinnegare il proprio matrimonio per salvare sua moglie, fuggire, per poi finire come tanti – come troppi – in un lager nazista.

Razza di zingaro è un libro da non dimenticare

Razza di zingaro racconta una storia avvincente, amara forse ma allo stesso tempo impregnata di coraggio, dignità, o libertà che resta intatta anche nella prigionia. Ci insegna che si può mantener fede a ciò che si è o a ciò in cui si crede, anche a costo della vita. È il dono di un vissuto che di certo in pochi conoscevamo.

Un grazie al grande Dario Fo, l’ennesimo, per aver scavato in altrui memorie allo scopo di mettere insieme una storia davvero intensa, che meritava d’essere raccontata.

Il libro

Dario Fo
Razza di zingaro
Chiarelettere, 2016

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Susanna Trossero

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