Donna blu

Donna blu, una stilettata nel cuore

Donna blu è il romanzo della scrittrice tedesca Antje Rávic Strubel, vincitrice del Premio Roswitha nel 2003, ma anche del Deutscher Buchpreis nel 2021 proprio per questo libro. Il testo è pubblicato in Italia da Voland con la traduzione di Cristina Vezzaro.

Con uno stile asciutto e a volte abbracciando un ritmo sincopato, fatto di brevi periodi e poche spiegazioni – che però arrivano quando il lettore meno se le aspetta – la storia comincia con un incipit che invoglia a inoltrarcisi. Racconta forse di confini, di inaccettabile che si trasforma in normale, di sicurezze che vacillano, del passato che non ci lascia mai…

Donna blu

Adina ha vissuto l’infanzia in un paese incassato tra massicci montuosi, in una villetta bifamiliare ai margini di Harrachov, all’ingresso della località arrivando proprio dal fondovalle. Ma è passato tanto tempo e il rimpianto non lo accorcia. Pure se ha il diritto di stare nei ricordi. Anche se non ha un metodo per tornarci. Tutto succede a caso e a sprazzi.

Adesso è a Helsinki. È arrivato settembre. Si trova in una casa non sua così ben descritta nell’incipit da trascinare subito in un senso di solitudine da esiliata, sebbene spunti tra le righe un altro nome: Leonides, che la chiama con il vezzeggiativo Sala.

Leonides è casa, è amore

Leonides. Che si comportava come se fosse caduta dal cielo per miracolo. Proprio ai piedi di lui, Leonides Siilmann, con la sua forte miopia, ormai alla soglia dei quaranta e originario di un paese emergente dalla storia travagliata.

L’infanzia vissuta in un paese occupato, l’Estonia. Lui è un europarlamentare e un grande sostenitore dei diritti dell’uomo. Adina lo ha conosciuto durante uno stage in una regione dell’ex Germania Est e ben presto è diventato “casa”, sicurezza, ordine nel caos  del suo vissuto da fuggitiva.

Uno strano inesorabile incalzare di queste prime pagine fa presagire qualcosa, solo una sensazione forse,  ma è quella a spingere il lettore ad andare avanti.

Ripercorrere il passato

Il romanzo è un percorso che rimanda costantemente al passato di Adina, presentando personaggi e situazioni che compongono lentamente un mosaico avvincente in cui niente è prevedibile e tutto sorprende o crea sospensioni.

La giovinezza di Adina, in quella villetta bifamiliare, è tutto sommato normale: una ragazza come tante, gli amici, un lavoretto dopo la scuola. Ma anche nel quotidiano più normale si può insinuare l’elemento di disturbo che rompe gli equilibri. Questo l’autrice lo sa bene, così come sa elargire tasselli che mai ci danno l’idea del disegno finale.

Chi è la donna blu?

Sorge impellente una domanda: chi è la donna blu? Così di poche parole, poche ma efficaci come stilettate, e così legata all’acqua, alla riva, alla sete, alle maree, con gli incontri che avvengono al porto ma neppure là, su quella terraferma, ci si libera dell’inconsistenza dell’acqua e all’opposto della sua presenza costante.

Non si è mai annunciata, non ha mai fatto promesse, la donna blu: lei arriva e scompare, scompare poi torna, come la risacca o la stessa marea

Senza di lei perdo la ragione per scrivere. Il libro diventa insignificante. Ma non mi lascio trarre in inganno. Lei trova entrambe le cose esagerate.

Un terreno minato anche per il lettore

No, non vi diremo chi è la donna blu: la ascolterete nel suo essere parca di parole, vorrete saperne di più, vi domanderete se è un fantasma o una scrittrice o una saggia che tutto sa e traduce. Vi renderete conto fin da subito che è tutto ciò ma anche molto di più, e la aspetterete così come la aspetta Adina, mentre vi inoltrerete nel terreno minato della ricerca del proprio nome, delle proprie origini, del desiderio di fuga da un’Europa unita solo sulla carta, tra personaggi subdoli o pericolosi, tra bassezze umane o potere deviante e la presenza di qualcuno che torna dal passato.

Per secoli gli occidentali hanno delegato ad altri il loro istinto omicida traendone profitto. Lontano da casa i punti oscuri affiorano, a casa invece sono tutti pieni di buone azioni.

La paura come condizione naturale

È un romanzo che spinge a presagire, questo, dove chi lo abita trascina il lettore nella sua scia di qualcosa che somiglia tanto alla paura.

L’uomo si abitua a tutto, dice Leonides, e aggiunge che ci si abitua anche alla paura fino a ritenerla una condizione naturale al punto tale da non combatterla più. Ma…

La paura che ti vengano a prendere di notte e ti trascinino in strada, in qualsiasi momento, in pigiama, quando sei più indifeso, però, non è una condizione naturale. Nemmeno che ti sparino in faccia o ti recidano i capezzoli prima di deportarti è in qualche modo normale.

Un ampio significato destinato a ogni lettore

C’è qualcosa di molto potente, nello stile narrativo dell’autrice Antje Rávic Strubel, e molte frasi lasciano un segno perché riconducibili a realtà differenti, un ampio significato che trova spazio in ogni lettore.

La disperazione di non essere presi sul serio, aveva detto Leonides sulla strada deserta, la conosco bene. Per gli altri non ci sei e basta.

Una scrittriceche sa come conquistare chi legge: è di certo consapevole che la sua abilità di narratrice non rende “soltanto” la trama ben congegnata, ma anche lo stile ci si tatua addosso. Forse perché gli scrittori piantano sempre il coltello nella schiena di qualcuno.

Il libro

Antje Rávic Strubel
Donna blu
traduzione di Cristina Vezzaro
Voland 2023

Susanna Trossero

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