Cattedrale

Cattedrale, il libro della maturità stilistica di Raymond Carver

In queste storie non succede niente!È la tipica osservazione che molti, soprattutto i detrattori, fanno sui racconti di Carver contenuti in Cattedrale (e non solo). E, intendiamoci, non hanno tutti i torti, nel senso che il più delle volte non succede davvero nulla di particolare.

Ma allora, obietterà giustamente qualcuno, perché mai dovremmo leggere pagine fitte di dialoghi, con descrizioni scarne dei luoghi e addirittura inesistenti dei personaggi? E qual è la ragione che ha spinto l’autore a scrivere racconti all’apparenza così freddi e quasi statici?

Cattedrale o dell’approccio di Carver

L’autore non è interessato tanto al fatto in sé, ossia a ciò che è accaduto o sta per accadere. Si concentra piuttosto sui momenti che precedono o seguono determinati avvenimenti. A volte puoi percepire la tensione emotiva che percorre certi scambi verbali, o l’inquietudine che anima i personaggi nell’imminenza di un evento che s’intuisce decisivo, quando non tragico.

È proprio leggendo la ricostruzione fedele di tali momenti che giungiamo ad apprezzare il potente senso di realismo emanato dalle storie contenute in questa raccolta.

I personaggi

Protagonisti delle storie di Carver sono spesso uomini e donne allo sbando, alle prese con  gravi problemi esistenziali: l’alcolismo, la disoccupazione, il tradimento. In tal senso si potrebbero ravvisare punti di contatto con un altro grande cantore dell’altra faccia dell’America, Charles Bukowski.

Ma di quest’ultimo mancano a Carver l’ironia, lo sberleffo, il sarcasmo feroce di cui si faceva scudo l’autore di Storie di ordinaria follia. Sembrano prevalere invece cinismo e rassegnazione, ad accentuare l’attaccamento dell’autore alla realtà più scabra:

“Le chiesi: — E adesso che farai? — Ma non è che me ne importasse. In quel momento le poteva pure prendere un colpo e rimanerci secca, e non me ne sarebbe importato niente.”

Si consideri ad esempio il racconto Lo scompartimento, a mio avviso forse tra i meno riusciti della raccolta, a tratti verboso e, caso quantomai raro in Carver, fin troppo descrittivo.

È un testo quasi crudele, che pure descrive bene la disaffezione di un padre verso un figlio che considera la causa principale della trasformazione della moglie in una donna isterica nonché della fine della loro relazione. La soluzione adottata dal protagonista per uscire da una situazione imbarazzante sarà la fuga, come del resto accade nel mondo reale.

I racconti di Cattedrale

Il racconto a mio avviso più coinvolgente, soprattutto sotto il profilo emotivo, è Una cosa piccola ma buona.

La descrizione di una tragedia che colpisce all’improvviso una coppia di genitori — la morte del loro bambino in seguito a un improvviso incidente stradale — è quasi “distratta” da una sottotrama velenosa, che tuttavia sfocerà in un finale consolatorio.

Da notare che la prima edizione del racconto presentava un finale del tutto diverso e più brusco, voluto dal famigerato editor “Deus ex machina” Gordon Lish.

Cattedrale, il racconto che dà il titolo all’antologia, è considerato la vetta stilistica più alta mai raggiunta dall’autore. Certamente è un esempio perfetto della sua scrittura e delle sue tematiche.

Anche il racconto Vitamine può ricordare le atmosfere care a Bukowski. Vi compaiono giovani più o meno sbandati che passano le giornate a letto, ubriacandosi o sballandosi, incontrando gente pericolosa, come un reduce dal Vietnam ansioso di avere un rapporto sessuale con la protagonista del racconto.

La briglia narra invece la storia, all’apparenza ordinaria, di una famiglia rurale che, in seguito a un tracollo economico, si trasferisce in un piccolo appartamento ammobiliato. Qui trascorrerà l’estate in una calma che verso la fine del racconto si rivelerà solo apparente, come apprende il lettore sobbalzando dal divano al memorabile colpo di scena finale ordito dall’autore.

Il libro

Raymond Carver
Cattedrale
traduzione di Riccardo Duranti
Einaudi, 2017

Luigi Milani

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