I libri dedicati a Auschwitz, all’orrore dei campi di sterminio, hanno spesso un dettaglio in comune: riescono a far intuire l’innominabile realtà senza scendere nel dettaglio. Forse l’unica vera differenza tra quelle memorie e il romanzo di Andrea Frediani, Il bibliotecario di Auschwitz, è proprio questa: Frediani descrive particolari, si sofferma su momenti che non tutti riescono a sopportare, racconta emozioni forti, e lo fa da scrittore non da vittima.
Il risultato è un libro molto veloce, che scivola via tra le dita quasi come un film, così come sono vere e proprie immagini quelle che Frediani ci trasmette, soprattutto nella prima parte de Il bibliotecario di Auschwitz. Immagini indescrivibili, inaccettabili, ma che lui riesce a portare nelle nostre case, nonostante tutti i nostri sforzi per mantenere l’indifferenza.
Il bibliotecario di Auschwitz
Il professore ebreo Isaia Maylaender è il protagonista di questa storia. È un uomo aitante, bello, intelligente, troppo intelligente per il luogo dove è destinato: Auschwitz.
Vedo affiorare dalla finestrella una bottiglia apparentemente piena. Qualcuno la sta facendo dondolare, mostrandola come un miraggio ai disperati del vagone. L’uomo robusto che si è guadagnato la postazione privilegiata tenta di afferrarla, ma la bottiglia sparisce subito, e al suo posto compare una mano tesa. L’uomo non ha nulla da offrire e la sua esitazione gli costa il posto: quelli intorno lo sospingono via a furia di percosse; tra loro c’è anche la mia antica fiamma, ricomparsa nella calca. Vedo braccia tese verso la fessura con qualcosa in mano, e forse c’è anche la sua. Si scatena una lotta per presidiare la finestrella. Altre mani tirano i capelli, sferrano pugni e schiaffi, e volano insulti. Vedo la chioma di lei fluttuare nell’aria, strattonata da tutte le parti. Nessun riguardo per il suo sesso. Non ci sono già più uomini o donne, vecchi o bambini tra noi, solo esseri viventi, sempre meno umani a ogni sosta, che combattono per sopravvivere.
Schizzi di sangue irrorano la parete sotto la finestra, teste si abbassano e scompaiono nella calca. Anche quella di lei, alla fine. Qualcuno riesce a protendere la mano al di fuori della finestrella e a offrire ciò che ha. Ma la ritrae vuota. Da fuori si sentono delle risate.
Il percorso del professore nel lager
La disumanità del lager lo spiazza. Riconosciuto da un conoscente, Isaia viene “salvato” e incaricato delle cremazioni. Ma il professore non riesce a manifestare indifferenza di fronte a un tale male, non può giustificare le sue azioni in nome di una sopravvivenza oramai insensata.
I bagliori emessi dalle fiamme che si arrampicano alle spalle del caseggiato conferiscono al quadro d’insieme un aspetto ancora più sinistro. Siamo davvero all’inferno, qui, qualunque cosa stia accadendo là dentro. Passano dieci minuti e le grida si affievoliscono fino a scomparire del tutto, lasciando il posto a un silenzio di morte. Anche noi non siamo in grado di dire una parola. Una ridda di ipotesi si scatena nella mia mente annichilita, ma tutte pervengono a un’unica conclusione: i nazisti si liberano degli inabili, in un modo rapido e niente affatto indolore. E i vestiti che abbiamo raccolto poche ore fa nel crematorio erano di un “carico” arrivato solo poco prima di questi malcapitati.
Un giorno la salvezza: un ufficiale delle SS riconosce la sua cultura e gli affida l’incarico di creare una biblioteca all’interno del lager per permettere ai soldati di elevare le loro conoscenze. Una stramba idea, una proposta che potrebbe salvargli la vita.
Ma le cose si complicano per Isaia, l’ufficiale gli affida anche altri compiti: fare da precettore al figlio e redigere le sue memorie di guerra, a questo col tempo si aggiunge una moglie annoiata, ma pericolosa, e un rivale dell’ufficiale vendicativo, molto vendicativo.
Isaia è un ebreo e la sua cultura non è sufficiente per ricevere rispetto dai tedeschi, viene usato per altri scopi, troppi scopi.
Un romanzo da leggere
Il bibliotecario di Auschwitz è un romanzo che scorre veloce, capace di far vivere determinati momenti storici al lettore ma contemporaneamente di mantenere il suo distacco, di catturare le aspettative ma anche di pretendere un difficile realismo.
Il libro
Andrea Frediani
Il bibliotecario di Auschwitz
Newton Compton, 2020
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