Silenzio. Abbandono. Dimenticanza. Il mondo della letteratura italiana è pieno di autori di squisito talento su cui, anno dopo anno, si è come inspiegabilmente deposta un’impenetrabile coltre di polvere. Scrittori e poeti negletti ma che meriterebbero di scalzare dalle librerie colleghi più famosi ma di minor momento. Nomi che, invece, continuano misteriosamente a brillare. A godere il favore del pubblico. A ricevere gli osanna della critica. Il nostro Paese sembra, del resto, coltivare in sé (quasi con cieco e folle orgoglio) il vezzo della dimenticanza. La predisposizione a trascurare, a condannare all’oblio. Una sorta di congiura del silenzio o, se preferite, dell’omissione che sarebbe il caso di arginare una volta per tutte.
5 grandi scrittori italiani sottovalutati
Eccovi allora cinque scrittori italiani sottovalutati. Autrici e autori di casa nostra meritevoli, almeno secondo noi, di essere tratti da quel fondo cono d’ombra in cui sono imperdonabilmente caduti. Buona lettura a tutti.
Emanuel Carnevali (1897-1942)
Un nome poco noto, ma di grande talento. Lasciata l’Italia per l’America nel 1914, Emanuel Carnevali riuscì a farsi apprezzare da poeti del calibro di Ezra Pound e William Carlos Williams. L’inglese, imparato sul campo, divenne la lingua con cui scrisse tutte le sue opere da Il suo primo Dio (tradotto in italiano dalla sorellastra e vincitore nel 1978 del Premio Brancati) alla raccolta di racconti Tales of an Hurried Man. Una vita, la sua, tormentata e difficile conclusasi prematuramente in un ospedale di Bologna nell’inverno del 1942.
Carlo Coccioli (1920-2003)
Il suo romanzo Fabrizio Lupo, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1952, causò così grande scalpore da convincere Carlo Coccioli a lasciare l’Europa alla volta del Messico, dove visse fino alla fine dei suoi giorni. Contro l’opera di quel giovane scrittore italiano, che per vedere pubblicato il suo romanzo sull’omosessualità fu costretto ad andare oltre confine, si levarono grida di scandalo e protesta. Un romanzo di rara bellezza e profondità che ahimè ancora oggi pochi leggono e conoscono. Un’opera seminale tutta da rivalutare.
Aldo Braibanti (1922-2014)
Riportato solo di recente all’attenzione del grande pubblico grazie al film di Gianni Amelio Il signore delle formiche, Aldo Braibanti fu un artista poliedrico, in grado di passare con partecipata disinvoltura dal romanzo alla poesia, dal teatro alla mirmecofilia. Accusato di plagio nei confronti del giovane amante, Braibanti fu sottoposto a un massacro mediatico quasi senza precedenti. Condannato in un primo tempo a nove anni di carcere, lo scrittore uscì di prigione prima del tempo solo grazie al suo passato nella resistenza.
Giuliana Brescia (1945-1973)
Un nome finito nell’oblio, ma le sue poesie hanno, ieri come oggi, la forza di scavare in profondità. Di ardere ora bianche, ora nere. Di trasformarsi ogni volta in un grido dilacerato che cade vinto su se stesso. La durezza della realtà e il suo conseguente rifiuto non lasciarono però scampo alla Brescia che morì suicida nel luglio del 1973. Tra le sue opere più note ricordiamo Tele di ragno e Brano di diario e altre poesie. Poco o nulla potette il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri conferitole nel 1971.
Libero de Libero (1903-1981)
La poesia di Libero de Libero fu spesso e volentieri accostata all’Ermetismo meridionale, a poeti dell’importanza di Alfonso Gatto o Leonardo Sinisgalli. Tuttavia il suo linguaggio fortemente lirico, imbevuto di passionalità e senso del reale, mostra fin dalle prime battute tutta l’originalità del suo estro. Un talento multiforme che si cimentò, non dimentichiamolo, anche con romanzi come Amore e morte e Camera oscura.
Foto | thomaseder via Depositphotos
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