Recanati: la piazzetta de Il sabato del villaggio

Il sabato del villaggio di Giacomo Leopardi: testo, parafrasi e figure retoriche

Il sabato del villaggio è una poesia in strofe libere di endecasillabi e settenari, scritta da Giacomo Leopardi, composta nel settembre del 1829 a Recanati e pubblicata nell’edizione dei Canti del 1831.

La vita del borgo, contemplata con suggestiva, tenera immediatezza, si eleva, nel ripiegamento riflessivo, a simbolo della breve felicità umana che può solo essere struggente, vagheggiamento di un futuro bene, in realtà irraggiungibile.

Il testo de Il sabato del villaggio

La donzelletta vien dalla campagna,
in sul calar del sole,
col suo fascio dell’erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e di viole,
onde, siccome suole,
ornare ella si appresta
dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dì della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch’ebbe compagni dell’età più bella.
Già tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
giù da’ colli e da’ tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore:
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dì del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l’altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s’affretta, e s’adopra
di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d’allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo’; ma la tua festa
ch’anco tardi a venir non ti sia grave.

Una parafrasi della poesia

La fanciulla giunge dalla campagna, al tramonto, con il suo fascio d’erba e con in mano un mazzetto di rose e di viole che, come fa di solito, userà per agghindarsi domani, giorno di festa, il petto e i capelli.

Una vecchietta sta seduta con le vicine sulla scala a filare ed è rivolta al tramonto: parla di quando era giovane, quando si abbelliva nei giorni di festa e, sana e snella, era solita danzare la sera con coloro che sono stati i compagni della sua età più bella.

Intanto imbrunisce e il cielo diventa azzurro, le ombre scendono giù dai colli e dai tetti sotto il candore della luna appena sorta. La campana annuncia la festa che sta per arrivare e diresti che a quel suono cuore si conforta. I fanciulli fanno un lieto rumore gridando a gruppetti sulla piazzola e saltellando qua e là, mentre il contadino, fischiando, torna alla sua mensa parca e pensa al giorno del riposo.

Poi quando in giro tutte le luci sono spente e tutto tace, senti battere il martello, senti la sega del falegname che illuminato dalla lampada è sveglio nella bottega chiusa e si affretta e si dà da fare per terminare il lavoro prima del chiarore dell’alba.

Questo giorno è il più gradito della settimana, pieno di speranza e di gioia; domani il passare delle ore porteranno tristezza e noia e ognuno tornerà con il pensiero al lavoro quotidiano.

Fanciullo che scherzi, questa età fiorita è come un giorno pieno di allegria, un giorno chiaro, sereno che precede la festa della tua vita. Godi, fanciullo mio, perché questo è uno stato soave, è una stagione lieta. Non voglio dirti altro, ma non ti impensierisca il fatto che la tua festa tardi a venire.

Le figure retoriche ne Il sabato del villaggio

Diamo uno sguardo alle figure retoriche presenti nella poesia Il sabato del villaggio che, con A Silvia, è uno dei componimenti più celebri del poeta.

  • Allitterazione: “donzelletta, vecchierella, novellando, sulla, bella, colli”; “giorno, chiaro, ciascuno, gioia, stagion, pien, pensier, lieta”
  • Anadiplosi: vv. 45-46: “un giorno d’allegrezza pieno / giorno chiaro, sereno”
  • Anastrofe: v. 11: “novellando vien”; v. 45: “d’allegrezza pieno”
  • Apostrofe: v. 43: “garzoncello scherzoso”; v. 48: “fanciullo mio”
  • Enjambement: vv. 4-5: “reca in mano / un mazzolin di rose e di viole”; vv. 33-34: “la sega / del legnaiuol”; vv. 40-41: “tristezza e noia / recheran l’ore”
  • Iperbato: vv.6-7: “tornare ella si appresta / dimani, al dì di festa, il petto e il crine”; v. 41-42: “ed al travaglio usato / ciascuno in suo pensier farà ritorno”; vv. 50-51: “ma la tua festa / ch’anco tardi a venir non ti sia grave”
  • Metafora: “età più bella” (v. 15); “età fiorita” (v. 44); “stagion lieta” (v. 49) indica la giovinezza; “festa” (vv. 47 e 50) a significare la maturità
  • Metonimia: v. 17: “il sereno” (per indicare il cielo)
  • Ossimoro: v. 27 “lieto romore”
  • Preterizione: v. 50: “altro dirti non vo’”
  • Similitudine: vv. 44-45: “cotesta età fiorita è come un giorno d’allegrezza pieno”

Foto | Di Xavier121 (Opera propria) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Roberto Russo

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