parlare al silenzio

Tennis, oltre il silenzio: storie e sfide di un telecronista

Campi da tennis e schermi della televisione. Dall’ultimo quarto di secolo in avanti.

Parlare al silenzio

Federico Ferrero (Cuneo, 1976) è uno dei più noti e bravi commentatori tv delle partite dei tornei di tennis. Era studente liceale e poi universitario quando maturò la passione, e poi la convinzione, che potesse essere la professione della sua vita.

Nell’estate 2001 fingeva di interessarsi alla correzione della tesi di laurea in Giurisprudenza, dedicata alla comunità amministrativa di Diano d’Alba nel secolo XVIII, e si gustava il quarto di finale più bello della storia degli US Open fra Pete Sampras e André Agassi, seguendo la telecronaca dei mitici Rino Tommasi e Gianni Clerici. Sapeva di dover completare il percorso di studi, seguito più per convinzione altrui che non sua. Ma era pure consapevole già da tempo che non avrebbe voluto poi fare pratica in uno studio d’avvocato, quello non era il suo sport. La sua scelta era il tennis e da allora ha trovato il modo di perseguirla con tenacia e successo.

La mania di raccontare il tennis

Certo, negli anni Novanta, in Italia, i giornalisti di tennis erano meno di dieci (oggi forse meno, però, sta cambiando tutto, spiega). Seguiva le riviste, spulciava le rare cronache sui quotidiani, s’industriava per vedere le rarissime dirette televisive, cercava contatti per inserirsi.

Fu chiamato a Milano dal vicedirettore di Il Tennis italiano. Dopo un incontro per certi versi disastroso, divenne uno sperimentale redattore incaricato di seguire l’appena lanciato sito della rivista.

Dal 2005 è passato a Eurosport, per qualche anno girando per tornei ATP e grandi Slam, finché da oltre dieci anni il commento si fa da stanze o cabine a centinaia e migliaia di chilometri di distanza.

Ora che tanti più italiani seguono parecchio tennis in tv (prima eravamo pochi) potete incontrare facilmente (anche su Sky) la sua voce e la sua competenza. Qui racconta come fare una corretta punteggiatura degli scambi, dei game e dei set, rispettando tempi pause silenzi (oltre che giocare e fare l’agricoltore nel tempo libero).

La spigliata narrazione autobiografica di Ferrero è organizzata in quattordici capitoli, ognuno ha in esergo una frase (di giocatori o esperti) che lo ha aiutato a capire meglio, sia la disciplina sportiva che il suo lavoro professionale.

Struttura del libro Parlare al silenzio

Il testo alterna le vicende cronologiche del suo percorso nel passaggio dall’analogico al digitale alle riflessioni sulla specificità di commentare tennis, da solo o in coppia con una spalla tecnica.

Ribadisce di continuo che il mestiere s’impara eseguendo, assorbendo, comparando, talora sbagliando. Riporta il prontuario di slogan, formule e frasi fatte con cui ha sentito riempire centinaia di vuoti mentali in telecronache e articoli. Per questo occorre sapere quando piuttosto stare un poco zitti e come parlare con inventiva al silenzio (da cui il titolo).

I possibili significati del silenzio nel raccontare storie e partite sono anche una metafora per altri usi in fenomeni culturali e sociali contemporanei. Capiamo qualcosa inoltre sui possibili scenari futuri, diventi o meno Sinner il numero uno del mondo.

Ferrero ricostruisce con aneddoti e informazioni i tanti lavori che stanno intorno alla visione di un evento sportivo costruito come spettacolo per il pubblico più ampio possibile: dai giocatori (non per forza campioni) agli allenatori, dai fotografi ai pubblicitari, dai registi ai tecnici.

Cita spesso alcuni di loro e i colleghi giornalisti, con devozione mirata Clerici e Tommasi. Occorre tener presente che il padre dell’autore produceva vino nelle Langhe e così lui ricorda con commozione la pinta di barbera obbligatoria sulla tovaglia a quadri nella casa sul lago di Como del primo.

Il libro

Federico Ferrero
Parlare al silenzio. La mania di raccontare il tennis
Add, 2024

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Valerio Calzolaio

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