Affrontare la lettura di Mo Yan è stata un’impresa davvero notevole. Le sue abilità di scrittore non accettano discussioni: Nobel o meno, Mo Yan è la sintesi del dramma umano. Con pacate e mirate parole, cucite assieme tanto abilmente da accompagnarti all’interno di ogni storia, Mo Yan descrive la sua Cina, una terra tanto bella quanto colma di dolori e speranze.
L’uomo che allevava i gatti e altri racconti
Eppure, io ho fatto fatica a leggere i suoi racconti. Mi sono interrogata seriamente sul perché tale ostacolo mi sembrasse così intollerabile e sono giunta alla conclusione che alla base della mia riluttanza c’è un’ignoranza assopita. Ignorante, nel senso che ignoro, e consapevole, senza vanto, di esserlo. Consapevole di non conoscere affatto questa Cina, di essermi fermata a involtini primavera, lanterne, muraglia e bacchette, senza mai andare oltre quegli instancabili volti che spesso oggi ti offrono il caffè, sempre sorridendo.
Mi sono definita troppo occidentale per capire a fondo L’uomo che allevava i gatti e altri racconti, perché distante dalla mia quotidianità, dalla mia cultura, e mi sono rattristata. Io non conosco la Cina di Mo Yan: ho visto immagini e letto libri su Pechino, ma l’immensa Cina è altro, è la donna che si bagna con la saliva le scure occhiaie per far vedere le lacrime al marito, è il bambino che desidera arrivare in alto per andare oltre la sua miseria, è l’uomo che mostra la sua nuova cultura indossando dei semplici jeans.
Sono troppo occidentale per comprendere il dolore di una donna a cui viene negato il secondo figlio, il controllo delle nascite mi infastidisce, mi irrita. Ma perché? Perché è una realtà che non conosco. L’occidente litiga ancora oggi sull’aborto, litiga perché si è fermato sul giusto e sbagliato, come se abortire si potesse sintetizzare in bianco o nero. Eppure anche qui c’è chi pretende il diritto di decidere per altre.
Una Cina profondamente umana
Ma Mo Yan non giudica, descrive, distaccato, come se volasse sopra le vite e si soffermasse giusto il tempo di narrare quell’attimo, minuscolo nei confronti dell’immenso continente, eppure così grande per le vite coinvolte. L’uomo che allevava i gatti è una raccolta di racconti, più o meno brevi, capaci di descrivere una Cina distante eppure profondamente umana.
Mio padre mi ama. Ha consumato il manico della zappa nei campi per permettermi di andare a scuola. È così. Mi ama, anche se mi picchia, è giusto un riflesso del suo grande amore. Eppure non posso arrendermi solo per il fatto che mi vuole bene. C’è qualcos’altro, un’altra forza in grado di superare quella dell’amore di mio padre e di mia madre, una forza che non è amore e sta governando le mie emozioni, indefinibile, inconsapevole, slegata da qualsiasi condizionamento di causa effetto, una forza la cui stessa essenza si concretizza in obiettivo. Non ha bisogno di essere spiegata, è la mia indipendenza.
Il libro
Mo Yan
L’uomo che allevava i gatti e altri racconti
traduzione di Daniele Turc-Crisà, Lara Marconi e Giorgio Trentin
Einaudi, 1997 e 2008
Disclaimer. Su alcuni dei titoli linkati in questo articolo, Libri e parole ha un’affiliazione e ottiene una piccola quota dei ricavi, senza variazioni dei prezzi per l’utente finale. Potete cercare gli stessi articoli in libreria, su Google e acquistarli sul vostro store preferito.
Lascia un commento