Alle montagne della follia

Alle montagne della follia di H. P. Lovecraft, le origini dell’horror moderno

Howard Phillips Lovecraft è universalmente considerato, certo non a torto, autore tra i più rappresentativi della letteratura gotica americana, persino più amato, tra le nuove generazioni, di Edgar Allan Poe. Il suo influsso sugli scrittori di genere, ma anche sul cinema e sul fumetto, è da sempre vastissimo.

Alle montagne della follia rappresenta la sua opera forse più ambiziosa. Al tempo stesso per certi versi è anche il suo più grande fallimento, per via delle difficoltà incontrate nel pubblicarlo. Il romanzo infatti apparve a diversi anni di distanza dalla sua scrittura, per giunta in forma ridotta.

Alle montagne della follia

Il libro inaugurò un genere che fece molti adepti, quello del viaggio avventuroso, disseminato di pericoli, in un territorio tanto affascinante quanto poco esplorato – almeno all’epoca in cui è ambientata la vicenda – l’Antartide. In tal senso può ben essere considerato un romanzo archetipico, anche per la particolare struttura narrativa adottata: l’orrore è più psicologico che reale. Sono soprattutto un senso di acuta inquietudine e, via via, di crescente angoscia a dominare le pagine del libro, che descrive una spedizione scientifica incappata in una scoperta agghiacciante, in grado di riscrivere la storia della nostra civiltà per come la conoscevamo o… credevamo di conoscere.

Sul piano narrativo la narrazione, benché avvincente, è afflitta da alcune pecche di non poco conto. In primo luogo, la tendenza a una descrittività sfrenata, alla quale il narratore si abbandona, con descrizioni fotografiche che non di rado sfociano nella pedanteria, inducendo nel lettore un senso di noia e ottenendo allo stesso tempo il deprecabile risultato di diluire la tensione narrativa. In secondo luogo, l’utilizzo di una aggettivazione ridondante e ampollosa, unita al frequente ricorso alla figura retorica della prolessi.

Un libro con molti limiti, ma pur sempre importante

Fatalmente dunque, l’opera con cui il Solitario di Providence cercò di ottenere la definitiva consacrazione – innegabile in tal senso lo sfoggio di erudizione scientifica a archeologica – mostrò con grande evidenza alcuni limiti della sua tecnica narrativa.

Allo stesso tempo, sul piano sistematico, Alle montagne della follia rappresentò uno sforzo immane per il suo autore, che riuscì a inserire il complesso e raccapricciante Pantheon dei cosiddetti Grandi Antichi in un contesto narrativo unitario, all’insegna di quella che oggi definiremmo una continuity di grande respiro. Vanno letti in tal senso anche i frequenti rimandi al famigerato “libro maledetto” Necronomicon, pericolosissimo testo (inesistente, tranquilli!) redatto dallo stregone arabo pazzo Abdul Alhazred.

In definitiva, pur con tutti i suoi evidenti limiti, si tratta comunque di un’opera tra le più importanti nella produzione letteraria di HPL. Un romanzo da leggere con grande attenzione e, perché no, anche con una certa dose d’indulgenza per un autore tanto bravo quanto sfortunato in vita.

Il nostro parere su Alle montagne della follia

Il romanzo di Lovecraft ha, senza dubbio, un grande fascino della trama che poi troviamo alla base di molte narrazioni successive, anche di natura filmica. Tuttavia non possiamo tacere la prolissità e l’aggettivazione ridondante che appesantiscono molto la lettura.

Il libro

Howard Phillips Lovecraft
Alle montagne della follia
traduzione di Barbara Gambaccini
Edizioni Clandestine, 2011

Luigi Milani

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