sorgo rosso

Sorgo rosso, l’opera più famosa di Mo Yan

Per chi non lo sapesse, il sorgo è un cereale adatto a essere coltivato in terreni poveri di sostanze nutritive. È utilizzato per l’alimentazione umana e animale. Da essoquale, soprattutto in Cina e in Corea, si ricava il “vino di sorgo” che, nonostante il nome, è in realtà un forte distillato. Le foglie e i fusti possono essere utilizzati come foraggio oppure, soprattutto in passato, per fabbricare scope e stuoie.

Mi si perdoni il preambolo di carattere squisitamente botanico, ma ritengo sia meglio che chi si appresta a leggere il libro Sorgo rosso abbia una conoscenza almeno minima di questa graminacea. La incontrerà, infatti, almeno una volta in ogni singola pagina delle circa cinquecento del romanzo. In Sorgo rosso se ne cita ogni aspetto, ogni utilizzo e ogni variazione di colore delle foglie che, facendo mutare l’aspetto dei campi, segna l’avvicendarsi delle stagioni.

Sorgo rosso, di Mo Yan

Il romanzo è ambientato in Cina, nel distretto di Gaomi, che è anche la regione dalla quale proviene lo scrittore Mo Yan, nom de plume di Guan Moye, vincitore del premio Nobel 2012 per la letteratura. Mo Yan significa, letteralmente, “non parlare” e sembra che l’autore non abbia rilasciato una dichiarazione ufficiale in merito alla scelta del suo pseudonimo (e se anche lo avesse fatto, non sono stato in grado di rintracciarla).

Qualunque sia il motivo per il quale abbia deciso di essere “colui che non parla”, Mo Yan ha invece optato per la scrittura, diventando un autore molto prolifico, le cui opere godono di grande successo, nonostante nel passato il governo cinese abbia censurato i suoi libri.

L’ambientazione del romanzo

Il romanzo Sorgo rosso è una grande epopea che si dipana in un periodo di circa cinquantatré anni, dal 1923 al 1976. Si svolge interamente nel distretto di Gaomi, nella provincia cinese dello Shandong.

La narrazione procede mediante continui flashback e flash-forward che potrebbero, soprattutto nelle prime pagine, disorientare il lettore, prima che questi si abitui allo scorrere non cronologico del tempo della narrazione. È proprio grazie a questo espediente però che Mo Yan riesce a presentare al lettore un arco temporale così ampio tramite un solo personaggio-narratore, che ricostruisce le avventurose peripezie della sua famiglia e in particolare del nonno Yu Zhan’ao, dapprima portantino di bare ai funerali, poi capo-bandito e infine eroe della resistenza contro il Giappone, e del figlio che lo accompagna spesso nelle sue imprese.

Anche le figure femminili rivestono ruoli di primaria importanza. Prima tra tutte la nonna del misterioso narratore, che gestisce la distilleria di “vino di sorgo” dalla quale la famiglia trae sostentamento e anche un certo benessere.

I tanti personaggi

Attorno ai personaggi principali se ne muovono molti altri. Parenti, contadini, banditi, monaci agenti governativi e milizie che aiutano a conferire una certa dose di coralità alla narrazione.

Gli uomini e le donne di Gaomi si muovono in un paesaggio dalle tinte fiabesche caratterizzato da campi di sorgo, dai fiumi che spesso esondano e dalla terra fertile e dal cielo a volte sereno e a volte dispensatore di piogge torrenziali.

L’ambiente naturale è quasi un ulteriore protagonista di questa narrazione dai toni epici. Parimenti lo sono gli animali, selvatici e domestici, e le piante. Prima tra tutte, ovviamente, quella che dà il titolo al romanzo. Da tutto questo dipende la sopravvivenza di un popolo che trae il suo sostentamento dalle attività agricole.

Le peripezie degli abitanti del villaggio, le loro passioni e i loro tormenti quotidiani diventano l’archetipo della vita e della lotta di tutto un popolo. In particolar modo, quando il distretto di Gaomi subisce le conseguenze dei grandi eventi storici, in particolare quelle dell’invasione giapponese degli anni ’30 del secolo scorso.

Lo stile di Mo Yan in Sorgo rosso

In questo caso, lo stile dell’autore diventa decisamente realista. Nelle descrizioni degli scontri e delle loro conseguenze sulla popolazione civile, non vengono risparmiati particolari molto truculenti, che a volte sconfinano decisamente nel genere splatter e che, per quanto possano sembrare eccessivi, sortiscono l’effetto di privare la descrizione della guerra da qualunque sfumatura di romanticismo.

In Sorgo rosso si affianca, alla narrazione non-cronologica, una atmosfera onirica che pervade tutto il romanzo. Tale atmosfera si presta benissimo ad accogliere i numerosissimi elementi e vicende, magari poco verosimili, ma dal forte valore simbolico che il lettore sarà tanto più in grado di cogliere quanto più ampia è la sua conoscenza delle culture orientali e di quella cinese in particolare.

Sappiamo tutti che, per qualche motivo che non sono mai riuscito a comprendere, ai critici piace incasellare gli scrittori entro i confini di una determinata categoria. È mia impressione che negli ultimi anni si attribuisca l’etichetta di “realismo magico” a tutta la prosa che non provenga dal mondo occidentale e/o anglosassone. Questo tipo di definizione però, non si adatta perfettamente alla multi-sfaccettata opera di Mo Yan, che mescola epica, fiaba e storia. Allora si è preferito ricorrere a quella di “realismo allucinatorio”, coniata da alcuni critici europei a metà degli anni ’70 e riportata alla ribalta proprio dall’Accademia di Svezia nel suo comunicato ufficiale conseguente all’assegnazione del premio nobel a Mo Yan che: “grazie al suo realismo allucinatorio, fa incontrare la fiaba, la storia e la contemporaneità”.

Il libro

Mo Yan
Sorgo rosso
traduzione di Rosa Lombardi
contributi di Renata Pisu
Einaudi, 2005

Claudio Gurgone

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