Centre Hospitalier, Fontainebleau. 10 gennaio-26 giugno 1960. Albert Camus nacque nell’Algeria francese il 7 novembre 1913 da una modesta famiglia di pieds-noirs, l’anno dopo perse il padre in guerra per una granata.
Era tubercolotico, riuscì brillantemente a studiare, si laureò in filosofia nel 1936 ad Algeri. Divenne militante antifascista e giornalista, attraversò ideali e ideologie della sinistra libertaria (restandone a suo modo coerente per sempre), si trasferì in Francia nel 1940, continuò sempre a scrivere molto e bene.
Nel 1957 ricevette il Nobel per la letteratura, a conferma dell’altissimo valore letterario delle sue opere.
Morì il 4 gennaio 1960 presso Villeblevin, vicino a Sens (Yonne) sulla strada per Parigi, in un incidente d’auto a bordo di una Facel Vega FV3B, nel quale perse la vita anche il suo editore alla guida Michel Gallimard, che perì sul colpo. La figlia e la moglie di Gallimard, sedute dietro, si salvarono. Camus venne estratto dall’auto ormai incosciente e con gravissime ferite, il suo decesso fu dichiarato poco dopo. Lasciò un romanzo inedito.
Finitudine
Si può però ipotizzare che non sia andata così e che sia sopravvissuto per qualche mese, perché no?
Il suo caro amico biologo e filosofo Jacques Monod (Parigi, 9 febbraio 1910-Cannes 31 maggio 1976) allora certo non può che andarlo a trovare in ospedale, leggergli i vari capitoli del testo che avevano deciso di scrivere insieme, discuterne.
Dialogano anche sulle reciproche attività trascorse, sull’amore e sulla politica, sui dubbi sorti rispetto alle possibili cause dell’incidente (compreso l’attentato), sulle ricerche genetiche di Monod al Pasteur (che 5 anni dopo frutteranno a lui e ai due amici colleghi il Nobel per la fisiologia e la medicina), sul premio avuto o auspicato, sui virus e la peste, e pure sulle disavventure militanti dello scienziato che cerca di far fuggire dall’Ungheria colleghi perseguitati.
Hanno molto in comune i due partigiani antinazisti, non solo affinità politiche e culturali di laici ribelli solitari solidali geni “meridiani”: padri con identico nome (Lucien), madri di sangue “straniero” (spagnolo e americano-scozzese), due gemelli per figli, molto altro.
Il romanzo di Telmo Pievani
Il grande Telmo Pievani (Bergamo, 1970) fu allievo di uno straordinario scienziato americano (Stephen Jay Gould, 1941-2002) e oggi è lui stesso maestro di cultura scientifica universale, docente di Filosofia delle scienze biologiche e prorettore a Padova, direttore di Pikaia (il portale italiano dell’evoluzione), direttore di Il Bo Live.
Qui immagina magnificamente una stesura comune e un intenso dialogo fra due illustri intellettuali francesi, svoltisi (forse) sessanta anni fa, con molti spunti utili pure per capire e affrontare la pandemia in corso.
L’argomento scelto per il volume a quattro mani, di cui ogni volta Monod legge a Camus la bozza del capitolo precedentemente impostato di comune accordo, è la finitudine (da cui il titolo del romanzo italiano).
La struttura di Finitudine
Alcune frasi di Lucrezio (De rerum natura) introducono il prologo, i sei capitoli e la chiusa.
Il nostro minuscolo pianeta è già vecchio, c’è una inevitabile caducità di tutte le cose. Il cielo e la terra ebbero un’origine e avranno una fine, ogni cosa è peritura (tranne gli atomi e il vuoto), dovremmo tuttavia non consegnarci al nichilismo e al pessimismo cosmico e, invece, cercare una libertà in bilico tra la certezza di morire e la passione di vivere. Sappiamo che non possiamo sfidare la finitudine con la tecnica o con il progresso o con il DNA. Studiamoli e usiamoli bene ma non ci salveranno dalla fine di ciascuno. Attacchiamoci alla coscienza e alla personalità soggettiva, ai cicli di vite e morti, di aggregazioni e disgregazioni; in fondo non esiste mai una fine ultima, assoluta, definitiva; esiste una doppia libertà, quella della natura da ogni provvidenza, quella umana di scegliersi la propria strada in quella natura indifferente.
Non siamo divini, ma esseri imperfetti e desideranti, fragili ed effimeri; ha senso vivere di sentimenti, non di sola paura.
Homo sapiens è un avvenimento piccolo, ma anche unico nella biosfera; ha proprietà come il linguaggio simbolico, l’immaginazione, l’astrazione. Proviamo a goderne con gli altri, ad accudirci con l’etica della conoscenza, quando siamo anche noi al mondo, attraverso pochi valori di un umanesimo realista, scientifico, socialista, liberi e solidali di fronte al comune destino.
A ogni bozza di capitolo segue la lunga varia affettuosa precisa conversazione fra i due.
Un romanzo multidisciplinare
Pur se ora si tratta di uno splendido competente multidisciplinare romanzo italiano (senza indici e note, dunque), le tesi delle bozze e del dialogo immaginari fanno riferimento a ciò che Camus e Monod hanno detto e scritto nella loro vita.
La fusione meticcia dei due linguaggi funziona (e l’autore spiega ottimamente perché). I riferimenti contestuali e scientifici sono quelli di allora: eravamo tre miliardi (non quasi otto), ricerche e studi comparati avevano portato gli scienziati a certe domande e risposte (non ancora ad altre).
Il libro
Telmo Pievani
Finitudine
Un romanzo filosofico su fragilità e libertà
Raffaello Cortina, 2020
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