Roma. Primavera. I gemelli siamesi congiunti Ezechiele Zek Coglione e Samuele Sam Cacasotto Ciullà si muovono insieme quasi all’unisono, senza organi vitali in comune. Uno e l’altro più o meno impulsivo o arrabbiato, niente o frequenti letture. Orfani a tredici anni, padre mai visto, madre morta di tumore, orfanotrofio fino alla maggiore età e, poi, tenendo fissa la palestra per allenarsi a quattro mani nella boxe, in grado di cavarsela da soli.
Grosso guaio a Roma Sud
Di mestiere hanno imparato a industriarsi in periferia: spaccio sotto i ponti, furti di cellulare e computer, aggressioni, scippi, pestaggi su commissione.
A parte i lavoretti criminali da mezze tacche violente, il loro triangolo è tutto nel quartiere ai Ponti: casa propria – palestra Vigor (del buon Erminio Minny Morelli) – locale (dell’ottimo eritreo Abdullah Abbedulla e della sua dolce Luz).
Quella sera, nel séparé di fondo, il piccolo grasso boss Chick Lanzetta rinvia il precedente incarico (di ammazzare il bravo giudice Antimo Bulldog Salis, stavolta una cosa che non li convinceva tanto) e assegna il compito di dare una scaldata ai coglioni e una rinfrescata alla memoria di un orologiaio. Lo fanno e, soddisfatti, vanno a festeggiare con l’affascinante amica prostituta Irina, in attesa della residua metà dei quattrocento euro.
Un paio di giorni dopo scoprono per caso che il negoziante è morto accoltellato, provano a cercare il capo ma incrociano il bel vice ispettore Nick Badile Castillo che li porta in centrale. A questo punto possiedono solo, dunque, poco passato, un brutto presente e un futuro cupo.
I poliziotti non sono certi della loro colpevolezza, però certamente c’è qualcuno che ha messo un coltello insanguinato nella loro cucina e sta cercando di incastrarli. Di ucciderli forse. Si tratta di enormi affari immobiliari, di traffici coperti da potenti, di riciclaggio.
Fortunatamente il medico in pensione Vittorio Doc Marino sa rattoppare fuori dall’ospedale e l’aitante giornalista Bob Carrezza (che ha capito qualcosa) viene solo malmenato. Meglio allearsi per sfangarla.
L’hard-boiled metropolitano di Marzia Musneci
La scrittrice romana Marzia Musneci già da oltre dieci anni scrive buoni romanzi e racconti di genere giallo. Nel 2011 ha vinto il Premio Tedeschi con “Doppia indagine”, Il Giallo Mondadori numero 3045.
In Grosso guaio a Roma Sud, per l’ottima collana ideata dalle grandi Tecla Dozio e Veronica Todaro, siamo nell’hard-boiled metropolitano con continue scosse e sorprese, maltrattamenti e omicidi.
La gradevole irriverente narrazione è in terza varia, pur se molto imperniata sui balordi congiunti, oggettivamente strambi e scanzonati, con azioni sincroniche comuni e due fili di pensieri avviluppati ma non binari o diacronici. Interessante il contesto della Laurentina del quadrante sud (da cui il titolo), via via sempre più lontano dalla malavita del centro, da San Giovanni e dalla Cristoforo Colombo.
I personaggi sono tutti a loro modo memorabili, almeno alcuni opportunamente fuori da clichés del genere.
Lo stile ha il piccolo limite di essere talora ripetitivo (e i corsivi non sono chiari).
La vedova allevia le pene col prosecco, Marino sorseggia Glenmorangie la Santa, a seconda dei locali si preferisce birra o mojito. Splendida la pensierosa preparazione notturna del pane injera. Zek passa dal rap a Mozart, quello delle palle di cioccolata, un’altra cosa dark: “Requiem. Spacca, cazzo. Più dei Muse”!
Dati del libro
Marzia Musneci
Grosso guaio a Roma Sud
Todaro, 2020
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