A me mi piace. A Filippo non gli piace. Si tratta di forme corrette o errate? Sono costrutti tipici della lingua parlata ma da evitare per quel che riguarda la lingua scritta.
Le domande che spesso vengono posto sono: a me mi è corretto? A me mi si può dire?
A me mi piace
Proviamo ad approfondire. Ci troviamo dinanzi ai casi di pronomi personali ridondanti.
A me mi piace (e lo stesso vale per: A te ti e simili) è una doppia espressione del pronome, prima nella forma tonica (a me) e poi in quella atona (mi).
A Filippo non gli piace è una ridondanza in presenza di un nome precedente.
In entrambi i casi si tratta di esigenze di porre in rilievo degli elementi, esigenze che sono proprie della lingua parlata e che non dovrebbero mai trovare riscontro in quella scritta. Del resto, a ben guardare, anche nel discorso orale l’immediata successione dei due pronomi (a me mi) può disturbare. Nel parlato formale e nella scrittura, soprattutto se vogliamo argomentare il nostro pensiero e far riflettere chi ci ascolta e/o ci legge, la ridondanza di informazione è da evitare.
Piccolo approfondimento sul mi in grammatica
Si ponga attenzione, tuttavia, a non essere grammar Nazi, come si usa dire.
Si prenda la frase: “A me di tutta questa faccenda non m’importa nulla”. È corretta, dal momento che l’a me iniziale mette in evidenza il tema, quasi si volesse dire: “Quanto a me…” o “Per quel che mi riguarda”.
Stesso discorso vale per l’espressione: “A me non me la fai” e simili. E sempre in questo caso ricade la celebre frase de I promessi sposi, quando Renzo chiede consiglio sulla strada per Gorgonzola e gli viene risposto: “A me mi par di sì: potete domandare nel primo paese che troverete andando a diritta”. Vale a dire: “Secondo me, la strada è questa…”.
Foto | Sophie Janotta via Pixabay
Lascia un commento