Medea di Euripide

Medea: analisi della tragedia di Euripide

Chi era Medea? Una compagna appassionata e gelosa tanto da diventare sanguinaria? Una maga potente, o una pericolosa creatura arsa dal rancore? Una donna determinata, sicura di sé, forte quanto e più di un uomo, o una figura femminile debole al punto da non concepire di vivere senza l’oggetto del suo amore?

Di certo è un personaggio tra i più discussi e particolari della mitologia greca, capace di tutto in nome del grande sentimento per Giasone, nato in lei fin dal primo incontro.

Noi vi raccontiamo della Medea di Euripide, ovvero della donna tradita e abbandonata dall’amato dopo aver lottato e addirittura ucciso per lui.

Riassunto e trama della Medea di Euripide

Medea, dopo aver aiutato Giasone a conquistare il Vello d’oro, conteso da più parti perché capace di guarire da ogni ferita, può finalmente pensare solo all’amore per lui e ai due figli nati dalla loro unione.

Ha tramato, organizzato e compiuto ogni genere di efferatezza per giungere a ciò, ma quello che l’aspetta dopo tanta fatica è adesso ben altro rispetto ai suoi desideri.

Il re della città di Corinto infatti, dove la coppia vive, desidera dare in sposa sua figlia Glauce proprio a Giasone! Quest’ultimo è attratto dalla posta in gioco poiché sposando la giovane, avrà la possibilità di succedere al re. Ammette dunque di voler accettare Glauce come moglie non certo per amore, quanto perché con queste nozze la sua vita e quella dei figli avuti con Medea cambierebbe in meglio. Difficile però convincere l’amata a farsi da parte in nome di tutto questo: tra loro, argomentazioni differenti e – stavolta – non una meta comune.

Euripide dà vita a un dialogo utilizzando una raffinatissima tecnica retorica, con la quale i due personaggi esprimono le loro motivazioni. Medea parla d’amore e tradimento, Giasone discute di ragioni politiche.

Tuttavia tanta sincerità non convince di certo la passionale Medea, la quale abbandonata medita vendetta. Nel frattempo, il re teme per l’incolumità di sua figlia e caccia la donna dalla città, certo che potrebbe usare le sue arti magiche contro Glauce.

Ma l’astuzia vince: fingendosi pronta ad accettare le nuove nozze del suo Giasone, Medea ottiene di stare un giorno in più a Corinto e invia alla futura sposa due doni, una corona e un peplo. Non appena giunti a destinazione, gli oggetti sprigioneranno violente lingue di fuoco uccidendo la ragazza ma anche il re.

Medea è sì vendicativa, ma anche terribilmente crudele: lo scopo è oramai farla pagare al suo amato, e perché ne venga fuori davvero distrutto bisogna privarlo del suo bene più grande, i figli.

Giasone vedrà purtroppo Medea salire verso il cielo con il carro del sole, portando con sé i corpi senza vita dei figli ai quali lui non potrà neppure dare sepoltura.

Lei si rifarà una vita, avrà una nuova famiglia, ma non senza tramare o ingannare ancora, tanto che sarà costretta a fuggir via di nuovo.

I personaggi principali della tragedia

Abbiamo visto quanto Medea sia protagonista della vicenda, e accanto a lei Giasone. Attorno alla coppia però ruotano altri personaggi, i quali si conquistano spazi non necessariamente in virtù del loro legami con i due.

Per intenderci, i due figli vengono appena nominati, e così la figlia del re – Glauce – viene delineata a malapena. Divengono quasi comparse, in favore di altri come il re Creonte, il quale appare di poco spessore. Se dapprima è decisissimo a cacciare senza indugio Medea da Corinto, subito dopo cambia idea concedendo una proroga.

Abbiamo anche la nutrice, che vanta nell’opera uno spazio consistente insieme al pedagogo, i quali cercano di mettere in salvo i bambini perché intuiscono che Medea voglia usarli come strumenti di vendetta. Sono preposti alla cura dei bambini, ma anche preoccupati per le sorti della stessa Medea, abbandonata così tristemente da suo marito per convenienza.

E ancora, abbiamo il re dell’Attica Egeo, pronto a mostrare solidarietà a Medea e ad accoglierla nella sua vita in cambio di un erede. In realtà l’uomo è sterile ma lei può molto e molto farà – grazie ai suoi poteri – per renderlo padre. Non dimentichiamo che Medea è degna nipote della maga Circe!

E poi abbiamo il coro di donne che interviene attivamente a ogni cambio di scena o situazione, onnipresente in tutta la tragedia e di grande aiuto per comprenderla appieno.

Analisi della tragedia di Euripide

“Nessuno mi creda vile, – dice Medea – né debole o inetta. Altro è il mio carattere: dura con i nemici buona con gli amici. E per chi è fatto così la vita è più gloriosa”.

Ma è davvero gloriosa, la sua vita? Appare distrutta perché abbandonata da Giasone, e altrettanto sconfitta la si vede a fine opera, per altre ragioni.
Medea è molto determinata, lo abbiamo detto: una donna che sa ciò che vuole e lotta per ottenerlo proprio in un tempo in cui le donne non hanno alcuna voce in capitolo. Nondimeno, la sua rabbia e sete di vendetta ne rivelano la fragilità: non è forse incapace di reagire senza accanimento a un abbandono? E ancora, tradimento o no, la si vede sempre e comunque afflitta da qualcosa, sempre in procinto di lottare per cambiare il suo destino o contrastare le avversità.

Giasone invece è vile: si vende per ribaltare la sua condizione sociale, per emanciparsi. Baratta la libertà di scelta con un’imposizione, e sposa un’altra per trovare una sua collocazione.

Ceti sociali, emancipazione, oppressione sulle donne: tutti temi davvero moderni, per un’opera di quel tempo, e moderna è la ribellione di Medea alla eventuale soluzione del marito: “Tu potresti comunque essere la mia seconda moglie, non ti farei mancare nulla”.

Una soluzione che prevede l’esilio e il sottostare al volere del coniuge ipocrita, a cui un no è da lui traducibile come ingratitudine. Si sente superiore in quanto a origini, Giasone, e lei è solo una “straniera”, una barbara che dovrebbe esser grata di vivere nella vera civiltà.

In questa tragedia greca, gli dei vengono nominati, ma in realtà mai interferiscono nella storia, governata sempre dagli uomini.

Inoltre, appare evidente il parteggiare dell’autore per Medea, e il suo scopo – così come in tutte le tragedie classiche dell’antica Grecia – è quello di indurre lo spettatore a riflettere sul senso della vita, delle scelte, del prezzo da pagare quando queste sono sbagliate.

Non inorridire dinnanzi a situazioni cruente, bensì pensare, ecco il vero fine.

Medea al cinema: Pier Paolo Pasolini e Lars von Trier

Euripide è stato uno dei maggiori poeti tragici greci, e la sua opera Medea andò in scena per la prima volta nel 431 a.C. ad Atene.

Nel 1969, secoli e secoli dopo, ne abbiamo avuto una versione cinematografica diretta da Pier Paolo Pasolini e interpretata dalla grande Maria Callas. Se la critica ne fu colpita in modo favorevole, il film non si rivelò un successo commerciale.

Pasolini volle trarre dall’opera di Euripide una sua personale versione, sebbene citando spesso alla lettera intere frasi dell’opera. Si rivelò efficace nell’indagare sulla personalità opportunista di Giasone e sulla rabbia di Medea.

Degni di nota i lunghi primi piani dei due protagonisti, le musiche, i silenzi…

La città di Corinto fu ricostruita nella Piazza dei Miracoli di Pisa, ma nella pellicola vi sono scene girate anche in Siria e in Turchia.

Molto più tardi, per la televisione danese, è Lars Von Trier a dirigere un nuovo film sul mito di Medea. Il regista, in quel lontano 1988, è ancora molto giovane ma ambizioso. Ne riporta la trama in modo alquanto rivoluzionario e mostra il più possibile il divario sociale tra la donna, straniera della Colchide, e Giasone che rappresenta la Grecia classica. È evidente che in fondo si vergogna delle origini barbare di sua moglie.

Inoltre, se Medea è stata sempre associata alla forza distruttrice del fuoco, Von Trier introduce un nuovo elemento: l’acqua. E lo fa fin dalle prime scene, girate in Danimarca, trasformandola in marinaia! Anche la città di Corinto è umida e paludosa; inoltre non ci sarà un carro alato ma una nave, ad aiutare Medea nella sua fuga.

Particolarmente cruento è il momento dell’infanticidio.

Euripide e Medea

Euripide, diede vita a un mito distruttore, una donna forte e determinata ma incapace di governare le avversità della vita, le delusioni e le ingiustizie subite.

Stava dalla sua parte, il poeta, eppure ci lascia delle frasi che contraddicono questa sua solidarietà per Medea:

“Qualsiasi mortale sopporti bene le cose che accadono, mi sembra esser il migliore in saggezza”.

Di Internet Archive Book Images [No restrictions], attraverso Wikimedia Commons

Susanna Trossero

Avatar Susanna Trossero

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.