Solov’ëv

Vladimir Sergeevič Solov’ëv, il profeta dell’Anticristo

Oggi riscopriamo Vladimir Sergeevič Solov’ëv un pensatore completo come ce ne sono pochi. Intriso della tradizione ortodossa russa, seppe dare nel XIX secolo un contributo unico allo sviluppo della filosofia, ma anche alla poesia russa e soprattutto al pensiero cristiano, tanto da essere riconosciuto come un testimone anche dalla Chiesa cattolica. Con grande umiltà e soprattutto consapevolezza dei nostri limiti, cercheremo, dunque, nelle prossime righe di dar conto della sua grandezza e di farlo nel modo più chiaro possibile. Speriamo ci perdonerete.

Le influenze: famiglia a formazione di Vladimir Sergeevič Solov’ëv

Per parte di madre, Vladimir Sergeevič Solov’ëv, discende dai nobili polacco-ucraini dei Romanov. La sua famiglia paterna, invece, appartiene da generazioni al ceto contadino, almeno fino a suo padre, che abbandona i campi per dedicarsi interamente all’attività intellettuale. Comunque il giovane vive in un ambiente austero di forte impronta patriarcale e ben radicato nella tradizione ortodossa.

Fin da piccolo mostra interesse nella ricerca di risposte alle domande più alte: per trovarle dapprima si dirige verso letture slavofile e tedesche, ma non disdegnerà neppure testi materialistici. Vladimir, infatti, è un onnivoro che a 16 anni si iscrive all’università di Mosca dove studia lettere, filosofia e scienze, materia che infine abbandona perché a suo dire insoddisfacente al fine di scoprire il vero funzionamento del mondo. Dopo aver abbandonato il cristianesimo a 14 anni circa – e aver bruciato tutte le icone ortodosse scatenando le ire della famiglia – ecco che si riavvicina alla religione a causa di alcune visioni mistiche, come lui stesso le definisce.

Tra Dostoevskij e Tolstoj

Nel 1873 fa amicizia con Dostoevskij che gli fa conoscere le idee di Fedorov, soprannominato “il Socrate di Mosca”, padre del cosmismo, cioè della convinzione che l’evoluzione dell’umanità sia autodeterminata e perciò indipendente da Dio. Solov’ëv, successivamente, mutuerà questo pensiero nella sua teoria dell’evoluzione dello spirito umano sulla via di Cristo.

Quanto alle sue allusioni al tolstojsmo, saranno chiare anche se mai esplicite in tutte le opere in cui Solov’ëv parla di “nuovo cristianesimo”. La differenza di pensiero tra i due autori può apparire limitata, ma da un punto di vista fondamentalmente filosofico, è in realtà enorme. Nel “Vangelo” di Tolstoj, infatti, egli riduce tutto il cristianesimo ad alcune semplici regole che l’autore stesso desume dal biblico Discorso della Montagna, le quali, in definitiva, per essere valide non hanno bisogno che Cristo sia in vita, non hanno bisogno, cioè, della Resurrezione. Al contrario, in Solov’ëv l’unico vero fondamento del cristianesimo è Cristo stesso e il Cristo Risorto. Sebbene, quindi, non indichi espressamente Tolstoj come l’Anticristo, Solov’ëv, però, intuisce chiaramente come le sue idee nel XX secolo avrebbero portato a un sostanziale svuotamento del messaggio evangelico nella società i cui valori, definiti da più parti “cristiani”, sarebbero, in realtà, condivisibili per chiunque.

Teosofia e Divinoumanità

Teosofia, conoscenza integrale, libera teosofia. Sono tanti i termini riferibili all’insieme di discipline che possono portare all’unità di pensiero e alla conoscenza vera e piena della realtà totale. Solov’ëv la vede come una progressiva integrazione dei diversi saperi con una metodologia puramente cattolica: l’unica in grado di portare alla Verità.

La teosofia di questo autore individua la Sofia, la conoscenza, come il tramite tra Dio e l’uomo, capace di divinizzare l’umanità, cioè di creare l’umanità perfetta, in quanto inclusa nell’essere divino di Cristo; in una parola la “Divinoumanità”, che appare come il fine ultimo della storia, la salvezza e il regno di Dio finalmente realizzato sulla Terra. A questo punto, l’arte torna a essere fondamentale nella concezione di Solov’ëv, poiché in grado di rappresentare esteticamente – proprio attraverso la Divinoumanità – la bellezza di Dio stesso. E la bellezza, come dice il suo amico Dostoevskij, salverà il mondo.

I tre dialoghi di Solov’ëv e il racconto dell’Anticristo

Negli ultimi anni della sua vita, Solov’ëv si trova spesso a riflettere sulla radicalità del male e questi pensieri influenzeranno tutti i suoi scritti tardivi.

Quando inizia a scrivere i tre dialoghi è ormai scoraggiato non solo dal riuscire a vedere, ma anche solo a concepire la realizzazione sulla Terra della Divinoumanità verso la quale inizialmente credeva che gli uomini fossero orientati. Ma se il suo coraggio viene meno, mai verrà meno la sua fede. Così dall’osservazione del suo tempo, teorizza la presenza di un nemico che chiama “l’Anticristo”.

In realtà si tratta di un concetto non estraneo alla tradizione cristiano-profetica, ma Solov’ëv ne traccia un profilo ben preciso come mai era accaduto fino ad allora. Secondo lui l’Anticristo, la cui presenza si afferma con il fallimento del materialismo teoretico e l’avvento dell’incredulità dilagante, non è un oppositore di Cristo della prima ora, anzi, si presenta come un annunciatore della salvezza e della verità, come un portatore di pace e addirittura come un apostolo della Chiesa.

Tre cose, tuttavia, di Cristo gli risultano inaccettabili: la moralità che secondo lui avrebbe non unito bensì diviso gli uomini; l’assoluta unicità di Cristo e il fatto che Egli è vivo perché Risorto. E scusate se è poco.

Foto | Ivan Nikolaevič Kramskoj, Public domain, attraverso Wikimedia Commons

Roberta Barbi

Avatar Roberta Barbi

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.