Veneto. Da venerdì a domenica, il fine settimana di un gennaio del decennio di inizio millennio.
Feroce
Trascorso ormai poco più di un anno dalla tragica rapina in una villetta della provincia di Varese, l’ucraino Sergej Fedorenko si ritrova a Mestre, in attesa di quello che metterà fine alla sua fuga precipitosa. Probabilmente una pallottola, sparata o dal sicario inviato dal suo vecchio capo serbo Bodgan Vasilievich o da qualcuno della polizia finalmente capace di rintracciarlo.
Quella sera era andato tutto male. Lui aveva sempre tenuto il passamontagna di lana, predicando prudenza ai due complici strafatti. Il crudele Pavel (fratello del capo) e l’ex pugile rumeno Roman, invece, avevano smaramaldeggiato come bestie feroci, pugnalato infine i due proprietari marito e moglie, stuprato la 35enne figlia Mariagrazia sopraggiunta sulla porta di casa, tentato di spararle insieme al piccolo nipote Gianluca apparso all’improvviso.
Era intervenuto solo a quel punto, li aveva bloccati ed era fuggito, narrato poi dalle cronache come un bandito romantico e redento, sentendosi comunque ormai spacciato.
Senza tornare a Milano, si era rifugiato per alcuni mesi nelle campagne bresciane. Poi si era rivolto all’unico amico rimasto, gestore di lapdance e altri affari nell’area di Venezia. Ora fa l’operaio in un cantiere a cavare l’amianto dalle lastre.
Alto un metro e ottanta, spalle larghe da fotomodello, vive appartato, beve molta vodka, ma si mantiene tonico e attraente, avendo in passato girato a lungo (dopo un po’ di università) fra incontri clandestini di lotta, con successo.
Dopo un altro anno, il suo affettuoso collega, altissimo e nero, muore sul lavoro e tutto srotola in una catena di incidenti e misfatti che coinvolgono il corrotto imprenditore (attivo pure nel giro dei filmini porno), varie famiglie collegate e, soprattutto, i tre giovani studenti, Toni Giovanni Marina, alle prese con le identità sessuali, e un loro professore attento.
La situazione precipita definitivamente quando Bogdan manda il killer.
Bel noir di Francesco Ferracin
Il bravo scrittore e sceneggiatore seminomade Francesco Ferracin (Venezia, 1973) ha di nuovo scritto un bel noir.
In esergo, dopo il prologo che racconta la rapina, vi è subito la definizione del titolo, Feroce, come da vocabolario: chi gode nel fare male fisicamente o anche spiritualmente ad altri (ma poeticamente in antico anche “fiero, valoroso, animoso”).
I feroci sono molteplici personaggi, in certi momenti o costantemente, non solo sapiens immaturi.
Stile e struttura del romanzo Feroce
La narrazione è in terza parecchio varia, al passato e con piani temporali talora sovrapposti. Perlopiù ruota intorno a Sergej (quello che ha meno turbe sessuali), pur se solo nell’intreccio imperscrutabile delle vicende parallele tutti i fili lentamente drammaticamente s’incastrano.
La corruzione e i crimini, omicidi e morti, violenze e cecità familiari sono dietro l’angolo. Ovviamente il buono stenta a emergere rispetto all’efferato.
Il contesto prevalente è la pioggia battente, l’umidità e gli ombrelli, i fiumi ingrossati e l’acqua alta della laguna, il diluvio finale. La scansione è quella dei tre fatidici giorni, con vari personaggi differenti e tante scene distanti a condirla, pure rapide o sincopate.
Segnalo che il protagonista aveva fatto vita militare e ogni tanto appaiono le dinamiche delle relazioni Russia-Ucraina prima della recente aggressione (per esempio a pagina 274).
Innumerevoli superalcolici e qualche buon vino veneto, sia rossi che bianchi o bollicine.
I ragazzi amano il metal, soprattutto i MUCC; gli altri musica leggera, non solo straniera (Dalla e Bennato).
Il libro
Francesco Ferracin
Feroce
Linea, 2023
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