Lamento di Portnoy

Lamento di Portnoy, il primo grande successo di Philip Roth

Lamento di Portnoy è sì il quarto libro di Philip Roth, ma è stato il primo a ottenere un vastissimo successo di pubblico, se non, almeno all’epoca, di critica. La pubblicazione infatti scatenò interminabili polemiche, accuse di antisemitismo – da allora praticamente una costante per Roth – feroci ostracismi e l’intervento della censura: quest’ultima causata dal linguaggio e dalle descrizioni sessuali più che esplicite. Più di qualche critico si spinse ad accusare Roth di vera e propria pornografia.

Lamento di Portnoy

Il romanzo è impostato come una sorta di scatenato, a tratti esilarante, monologo di Alexander Portnoy, alter ego dello scrittore, rivolto al dottor Spielvogel, suo psicanalista, prima dell’inizio della terapia alla quale dovrebbe sottoporsi il nevrotico paziente.

A mio avviso il libro non andrebbe letto alla luce della successiva produzione dell’autore, per non lasciarsi intrappolare in una lettura fuorviante e purtroppo assai diffusa dell’opera. Mi pare infatti azzardato, direi anzi anacronistico, considerare l’opera come prodromica delle future spinte libertarie del grande romanziere. Tale interpretazione ci porterebbe oltre le reali intenzioni dell’autore, almeno all’epoca della scrittura del libro.

Il Roth di Lamento di Portnoy è uno scrittore che confeziona il suo libro col chiaro intento di farne un grande bestseller. Ecco così spiegati gli eccessi lessicali, il ricorso a un’ironia scatenata e dissacrante – un po’ alla Woody Allen scrittore – e un’impostazione di fondo sbilanciata ma funzionale al successo letterario, che infatti arriderà puntuale all’opera.

Il protagonista del romanzo

Alexander Portnoy è un erotomane convinto, masturbatore precoce e irriducibile. Il racconto delle imprese onanistiche del giovane Alexander è assolutamente esilarante, anche se forse troppo insistito, al punto da divenire a tratti fastidioso.

Crescendo, Portnoy si spingerà ad attribuire una sorta di rabbiosa valenza politica all’atto sessuale, visto come una sorta di malintesa rivalsa nei confronti del genere femminile e del perbenismo ancora largamente diffuso negli anni Sessanta.

Ecco, semmai è il clima di liberazione dei costumi, dilagante verso la fine dei turbolenti anni ’60, a essere presente sia nel movimento femminista che in quest’opera di Roth. Tuttavia è bene tenere presente che le motivazioni del bizzarro protagonista del libro sono forse quanto di più lontano dalle reali istanze femministe…

Portnoy e la religione

Alexander Portnoy è un rabbioso disadattato, un ateo convinto che rifiuta non solo la religione d’appartenza, quella ebraica, con tutto il suo gravoso retaggio dogmatico, ma tutta la religione, vista come un ridicolo inganno.

Da qui scaturirono le virulente accuse di antisemitismo di cui fu oggetto il libro e ancor più il suo autore e che in qualche caso limitarono addirittura l’iniziale diffusione del libro, come avvenne ad esempio in Australia.

Un diario di formazione satirico

Personalmente tendo a considerare Lamento di Portnoy alla stregua di un diario di formazione satirico, almeno nelle vaste e dettagliate parti dedicate al rapporto, a dir poco conflittuale, vissuto da Alexander con la propria famiglia.

La situazione familiare lo opprime. Non potrebbe essere diversamente: alle prese con un padre debole, tratteggiato come una sorta di ridicola macchietta, e una madre onnipresente e protettiva all’eccesso, per la quale “l’ingrato” figlio prova per giunta una sorta di perversa ossessione.

Portnoy aspira con tutte le sue forze alla libertà dalle imposizioni familiari e sociali, ma allo stesso tempo ne è vittima. Il normale conflitto generazionale diviene così uno scontro a tutto campo, dal momento che il giovane Alexander rifiuta in blocco tutti i precetti familiari e sociali. Li considera assurdi, fuor di ogni logica e comunque al di là della sua del resto scarsa volontà di comprensione.

Il clima di guerra perenne all’interno del nucleo familiare è reso con grande maestria e con quella causticità che ritroveremo, sia pure più rifinita ed elaborata, nei successivi lavori di Roth, come ad esempio in Pastorale Americana e ne La macchia umana.

La versione cinematografica di Lamento di Portnoy

Del romanzo è stata realizzata nel 1972 una versione cinematografica diretta da Ernest LehmanPortnoy’s Complaint. Il film, distribuito anche nel nostro Paese con il bizzarro titolo Se non faccio quello non mi diverto (vizio inveterato dei nostri distributori, attribuire titoli assurdi ai film stranieri) è di difficile reperibilità, ma non è il caso di farcene un cruccio, vista la qualità modesta dell’adattamento.

L’opera si rivelò un flop solenne, a dispetto del non disprezzabile cast, male utilizzato però dal regista all’interno di una sceneggiatura che appiattiva il senso e il tono generali del libro.

Anche questa del resto si rivelerà una costante per Roth. Il rapporto tra il mondo del cinema e i suoi libri sarà quasi sempre conflittuale, raramente coronato dal successo.

L’audiolibro

Di Lamento di Portnoy l’editore emons ha realizzato la versione in audiolibro, affidandone la lettura al bravo Luca Marinelli. L’attore riesce a rendere bene lo spirito ribelle e anticonformista del protagonista del romanzo, esasperando ove necessario toni e recitazione.

Il libro

Philip Roth
Lamento di Portnoy
traduzione di Roberto C. Sonaglia
Einaudi, 2014

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Luigi Milani

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