al culmine della disperazione

La speculazione filosofico-esistenziale di Cioran come cura per il male di vivere: Al culmine della disperazione

Inutile negarlo: Al culmine della disperazione è un’opera maledettamente difficile da leggere. O forse dovremmo dire da studiare.

Sì, perché il libro, il primo pubblicato da Emil M. Cioran, non è opera da leggere in rilassatezza, anzi. Bisogna prenderne bene le misure prima di tentare l’approccio, tale è la densità di argomenti, ragionamenti e dissertazioni che contiene.

Al culmine della disperazione

Descrivere l’oggetto del libro è impresa a dir poco ardua. Lo stesso Cioran l’ha concepito come una “sfida al mondo”, nel tentativo di analizzare i temi insondabili dell’essere universale e dell’esistenza umana.

La veemenza con cui l’autore tratta questi e altri argomenti può disorientare il lettore, che a tratti si sente sopraffatto dall’onnipresente nichilismo di Cioran, temperato solo in parte da lampi di autoironia e feroce sarcasmo.

Il male di vivere e i suoi possibili rimedi

Per Cioran la vita non ha alcun senso e l’unica possibile soluzione al male di vivere sembrerebbe essere solo la morte.

Oppure si può tentare di rifugiarsi nell’assurdo, nel grottesco, che possono creare un’illusione di vita:

“Quando tutti gli ideali correnti – di ordine morale, estetico, religioso, sociale, ecc. – non sanno più imprimere una direzione né trovarvi una finalità, come salvarla ancora dal nulla?

Vi si può riuscire solo aggrappandosi all’assurdo, all’inutilità assoluta, a qualcosa, cioè, che non ha alcuna consistenza, ma la cui finzione può creare un’illusione di vita”.

Certo, la follia è sempre in agguato, ma potrebbe essere perfino preferibile all’insensatezza della vita, se chi vi si rifugia diventa “un pazzo allegro, brioso ed eternamente di buon umore”.

Le motivazioni dell’autore

Il giovane Cioran a ventidue anni è afflitto da un’insonnia invincibile – il “disastro per eccellenza”, il “nulla senza tregua” — e trascorre le notti riflettendo, in preda a una lucida disperazione, sulla vita, sul mondo, sul senso dell’esistenza.

Vittima di tali riflessioni, ossessive e autodistruttive, sente di essere prossimo alla morte o alla follia. È per contrastare questi pensieri, amplificati dallo stato di veglia, che si dedica alla scrittura forsennata di Al culmine della disperazione:

“Questo libro è stato per me una specie di liberazione, di esplosione salutare. Se non lo avessi scritto, certamente avrei messo fine alle mie notti”.

Lo stile di Al culmine della disperazione

Lo stile è elegante, la lingua forbita. A tratti lirico e tendente alla forma del saggio accademico, colpisce il lettore per la profondità degli argomenti e la limpidezza della forma.

Semmai è la sistematicità a far difetto all’opera, che risente chiaramente dello stato di bruciante tensione mentale e morale dell’autore.

Il libro

E.M. Cioran
Al culmine della disperazione
traduzione di Fulvio Del Fabbro e Cristina Fantechi
Adelphi, 1998

Luigi Milani

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