Leggendo Rive (Edizioni Ensemble, 2022), la nuova raccolta di prose poetiche di Valerio Mello, ci si ritrova fin dalle prime parole in un movimento ondoso inarrestabile. Un moto nato per propagarsi all’infinito da una sponda all’altra, attraversando tempo e spazio in cerchi che, a tratti, sembrano ricordarci quello che scrisse T.S. Eliot nei Quattro quartetti del 1943:
Rive
Un esistere, dunque, che si insegue, approda e riparte senza mai esaurirsi o arrestarsi. Un dialogo eterno, anzi un coro a più voci che, di volta in volta, di momento in momento, si diffonde come una sinfonia segreta e trasvolante dalle fronde degli alberi, sale dai porti della Grecia o della Sicilia di ieri e di oggi, passa e trascorre dalla stazione di Porta Susa a Torino ai giardini di via Palestro a Milano.
Tutto fluisce. Tutto si espande come un’eco “viva e mormorante d’acqua tra le cavità della scogliera” oppure dall’occhio di un vecchio faro abbandonato in mezzo ad una selva di sterpi e ferraglie.
Un insieme vasto, composito, frastagliato che si rifrange oltre ogni angusto e limitato orizzonte. Un mosaico che Valerio Mello recupera e ricompone sotto il nostro sguardo in schegge mirabili. In tessere che vibrano di reminiscenze sotterranee, ma inconfondibilmente vive. Caparbiamente illuminanti. L’impronta di ogni passaggio. Di ogni singolo attraversamento. Di ogni viaggio aderisce oscura o diafana alle cose, al tempo che conserva e non dissolve.
Rive diventa allora un diario di viaggio dove luoghi e anime si rispecchiano o semplicemente cercano di ritrovarsi, di riscoprire, millennio dopo millennio, un linguaggio poetico comune. Formare un tutto e trascorrere – avrebbe forse detto il Rainer Maria Rilke che scrisse I quaderni di Malte Laurids Brigge – nel tutto.
Il libro
Valerio Mello
Rive
Ensemble, 2022
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