romanzi bellissimi

10 romanzi bellissimi da leggere

Siamo sempre alla ricerca di romanzi bellissimi da leggere. Senza dubbio l’aggettivo bellissimi è soggettivo: a qualcuno possono piacere i romanzi storici, a un altro i romanzi tristi e ad altri lettori ancora i romanzi leggeri.

In ogni caso la lettura è sempre piacevole perché asseconda le proprie inclinazioni.

Alcuni romanzi bellissimi da leggere

Di romanzi sono piene le librerie e le case editrici ne pubblicano sempre di nuovi. Orientarsi nella scelta per trovare i propri romanzi bellissimi non è facile. Ecco allora i consigli di Valerio Calzolaio che propone vari titoli di romanzi da leggere. Si tratta di testi non necessariamente recenti, ma sono senza dubbio ottimi suggerimenti di lettura.

Alabama, di Alessandro Barbero

Usa. Tempo fa. Una giovane laureanda in Storia prende appunti sul quaderno mentre ascolta il flusso torrenziale del racconto di un vecchissimo reduce sudista della guerra di secessione americana (1861-1865). Lui si chiama Dick Stanton ed è l’ultimo superstite di un eccidio di neri.

In perenne movimento su una cigolante sedia a dondolo, masticando tabacco con le indurite gengive sdentate, pur tra reticenze e informazioni non sempre affidabili, quasi senza prendere fiato, Dick narra in prima l’America profonda, bianca povera razzista, la miriade di storie e personaggi di una società fondata sullo schiavismo, là, in Alabama, settimo bellissimo romanzo del grande storico Alessandro Barbero (Torino, 1959).

In fondo a ognuno dei venti inarrestabili flussi di parole veraci e maschiliste del vecchio, l’attenzione si sposta in corsivo sui pensieri della ragazza, andata per riportare alla luce quell’episodio atroce e simbolico, di cui capisce le premesse culturali, religiose e sociali.

Alessandro Barbero
Alabama
Sellerio, 2021

Albeggerà al tramonto, di Marco Trionfale

Corvina, Romagna. Tra poco. Baldi è il comandante della banda della frazione Fratti, Ercole il suo braccio destro. Si ritrovano al New Age, in passato casa del popolo e sede del Pci, insieme ai compagni di un tempo, già assidui a ogni Festa dell’Unità, oggi anziani buontemponi.

Un dì d’agosto la tv annuncia l’approvazione dell’atteso decreto di solidarietà generazionale, molto sostenuto dal Partito della Gioia: prevede che tutti i pensionati, per ricambiare chi di fatto li mantiene, siano tenuti a svolgere per sette ore alla settimana attività di volontariato coatto sotto la guida degli Amici di Quartiere. Decidono di ribellarsi, da loro potrebbero significare “grandi opere” di pessimo impatto.

Al grido di “Fatinculé!”, fra nuovismi e rimpianti, ne succedono di tutti i colori, non è nemmeno escluso che Albeggerà al tramonto, comico titolo di un allegro bel romanzo di tre amici ravennati, appositamente divenuti Marco Trionfale (Mirta Contessi, Franco Costantini, Leonardo Fedriga).

Marco Trionfale
Albeggerà al tramonto
Marsilio, 2021

Elbrus, di Giuseppe Di Clemente e Marco Capocasa

Tallinin. A.D. 2155. Andrus Sokolov è sul cornicione di un tetto, confuso, in procinto di buttarsi. Viene colpito da un proiettile sedante, cade ma è salvato da un campo magnetico e ricoverato nel reparto neuropsichiatrico. Prima di perdere l’equilibrio mormora “La Dama l’ha detto al viaggiatore” e la frase ascoltata nel notiziario sconvolge l’affabile timido Lubomir Karu che lavora per Drama, software house che produce videogiochi in Realtà Virtuale. La Dama fa parte anche dei suoi sogni. Il mondo è diverso, la temperatura media è aumentata di sei gradi Celsius in 150 anni, si sopravvive a stento al nord, l’intelligenza artificiale controlla molto.

Elbrus è il primo bel romanzo avventuroso di scientifica distopia di Giuseppe Di Clemente (Roma, 1976), scrittore economista astronomo, e Marco Capocasa (Roma, 1974), antropologo molecolare, narrato in terza,ottimamente incentrato sui nessi cambiamenti climatici – migrazioni, oltre che sui progressi della genetica e della genomica umana.

Giuseppe Di Clemente e Marco Capocasa
Elbrus
Armando Curcio, 2020

Gli invisibili, di Pajtim Statovci

Pristina, Kosovo. 1995-2004. Arsim è un ragazzo albanese, 24enne studente di letteratura, storia e inglese, viene da Podujevo, a nord-est rispetto all’università; Miloš è un ragazzo serbo, 25enne studente di medicina, viene da Kuršumlija, ancora più a nord-est, oltre il confine. S’incontrano, si siedono insieme al tavolino di un bar, si amano, sebbene il primo sia già sposato da 4 anni con la bella dolce Ajshe che ha subito capito che quando fanno l’amore lui fa in fretta, finge di venire senza eiaculare, evita che lei lo tocchi.

Poi arriva la guerra, serbi contro albanesi, Arsim fugge e diventa un pessimo marito e padre, Miloš un chirurgo nell’oscurità della guerra, non potranno mai dimenticarsi, drammaticamente.

Un altro splendido romanzo sull’identità nelle guerre, Gli invisibili (Bolla), per il colto giovanissimo autore, già osannato e premiato ovunque, Pajtim Statovci (Kosovo, 1990), cresciuto a Helsinki dove si trasferì la famiglia (in fuga dalla guerra) quando aveva due anni.

Pajtim Statovci
Gli invisibili
traduzione (dal finlandese) di Nicola Rainò
Sellerio, 2021

Il conte di Racalmuto, di Vito Catalano

Racalmuto. Aprile 1622. Pietro D’Asaro, pittore spregiudicato e donnaiuolo, beffardo e arguto, è originario di Racalmuto e sta conquistando un posto di rilievo nella pittura del Seicento in Sicilia. La bellissima contessa Beatrice lo manda a chiamare. Vuol solo dirgli di essere impressionata dai dipinti: Pietro è in grado di creare cose piene di bellezza e poesia pur essendo circondato da brutture e squallore. Entrambi sanno la causa del male: il conte Girolamo II del Carretto è uomo avido e spietato, complice di traditori e assassini, che percorrono ogni giorno vie e sentieri della cittadina. Chi può fermarlo?

Leonardo Sciascia era il nonno dell’autore dell’interessante romanzo storico, d’amore e d’avventura, in terza varia, di Vito Catalano (Palermo, 1979): Il conte di Racalmuto. Il nipote ha preso spunto da un paio di pagine dei libri di Sciascia dedicati a Racalmuto, laddove racconta brevemente l’assassinio del conte da parte del bravo ribelle servo Antonio Di Vita.

Vito Catalano
Il conte di Racalmuto
Vallecchi, 2021

Il rogo della Repubblica, di Andrea Molesini

Venezia. Anno Domini 1480. La storia e la geografia degli ebrei hanno varie tracce e percorsi. Al tempo della Serenissima cattolica e romana, dopo la scomparsa di un bimbo in un piccolo paese del trevigiano, il mite e sapiente archisinagogo Servadio e altri due ebrei vengono arrestati, imputati di infanticidio rituale (l’accusa di impastare sangue con gli alimenti è ricorrente fra i malati di antisemitismo), torturati e condannati al rogo.

Un irruente avventuriero miscredente vi si oppone durante il processo, la spia e confidente Boris da Candia, arguto brutale violento colto, che fra nobili palazzi e sordidi bordelli indaga su chi fomenta nel popolo l’odio contro gli ebrei, più o meno interessato. Prova con coraggio e ardore a evitare Il rogo della Repubblica, titolo del bel romanzo storico dell’ottimo scrittore Andrea Molesini (Venezia, 1954). Lui non accetta compromessi, dialoga sulle convenzioni e convenienze sociali, s’innamora di una maga graziosa e misteriosa. Perché no?

Andrea Molesini
Il rogo della Repubblica
Sellerio, 2021

I miei stupidi intenti, di Bernardo Zannoni

Tane. Varie stagioni. Archy è una faina e racconta in prima persona la sua vita, dalla nascita con cinque cuccioli fratelli in un inverno nevoso, allo svezzamento e alla dura educazione materni, presto con il padre morto legato a un palo del recinto dove aveva cercato di rubare una gallina (dopo tre successi, il padrone dei campi Zò gli aveva sparato).

È vero, qui gli animali dialogano, mangiano composti ai tavoli, dormono nei letti, ma poi la loro vita è quella che ci aspettiamo, mossa da necessità e istinti, arrangiata nei caratteri biologici di ciascuna specie negli ecosistemi noti. Archy cresce, la madre lo sente strano e lo baratta con il cibo consegnandolo alla volpe Solomon, la giovane faina scopre verità e menzogne del mondo circostante, altri cattivi e buoni, invecchia e si avvicina di più alla natura umana, scrive pagine drammatiche ed entusiasmanti. Non a caso il titolo del bel romanzo di Bernardo Zannoni (Sarzana, 1995) è I miei stupidi intenti. Originale e toccante.

Bernardo Zannoni
I miei stupidi intenti
Sellerio, 2021

La Pensione Eva, di Andrea Camilleri

Vigàta. 1937-1943. All’inizio Nené ha undici anni, alla fine diventa maggiorenne e fuma la sua prima sigaretta, in mezzo ha una varia iniziazione sessuale (invaghito della cugina Angela, più grande di due anni; prima volta in crociera, con una vedova; poi dal 1942 frequentatore della mitica agognata casa di piacere, ancora operativa nella prima parte dell’occupazione e della guerra).

Il romanzo La Pensione Eva è una magnifica perla, si tratta come spiega l’immenso scrittore Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, Agrigento, 6 settembre 1925 – Roma, 17 luglio 2019) di “una vacanza narrativa che mi sono voluto pigliare nell’imminenza degli ottanta anni…; il racconto non è autobiografico, anche se ho prestato al mio protagonista il diminutivo col quale mi chiamavano i miei famigliari e i miei amici. È autentico il contesto. E la Pensione Eva è veramente esistita, mentre sono del tutto inventati i nomi dei frequentatori e i fatti che vi sarebbero accaduti”. Leggere per credere.

Andrea Camilleri
La Pensione Eva
con la relativa intervista all’autore di Antonio D’Orrico (12 gennaio 2006)
Sellerio, 2021

Lume Lume, di Nino Vetri

Palermo. Non solo qualche anno fa. Un giovane palermitano con moglie e figli ha sempre in mente un’antica canzone rumena con un gran crescendo di voci e fiati, crede si chiami Lume Lume e voglia dire “gente, mondo”, gli piace, vorrebbe suonarla, ma non conosce le parole. Cerca sul vocabolario, domanda in giro. Ha come vicini quattro rumeni, non trova la risposta. Chiede incerti lumi anche all’altro vicino Mohammed, musulmano del Bangladesh. Va al mercato con una ragazza francese che ogni tanto affitta una stanza nello stesso ballatoio, uno zingaro con la fisarmonica gliela canta ma s’inventa le parole. Niente da fare, nonostante continui a incrociare le tante etnie, religioni, costumanze, credenze del quartiere.

Il protagonista narra con leggerezza e acume Lume Lume in prima scanzonata persona e, secondo Camilleri nella nota iniziale, il libro di Nino Vetri (Palermo, 1964) è da leggere almeno due volte, per la felicità di scrittura e come manuale di convivenza col mondo. Ottimo.

Nino Vetri
Lume Lume
con una nota di Andrea Camilleri
Sellerio, 2021

Mastro Geppetto, di Fabio Stassi

Appennini. Tempo fa. È una storia da un soldo, la conoscono tutti. C’è questa casaccia storta, una casipola sull’orlo dell’abisso, in fondo a un borgo che ha per gioco preferito quello di lapidare gli scemi e i morti di fame. Dentro non ci sono che stipo, seggiola e letto tutti squinternati, con gli attrezzi sopra un banchetto. Il vecchio che ci vive è un falegname dalla barba dura, le spalle curve, l’aria selvatica; sulla testa ha una parrucca color polenta. Ormai gli incespica pure la lingua. Lo chiamano mastro per scherno e Geppetto per bestemmiargli anche il nome.

Mastr’Antonio, il più ricco falegname del paese, gli regala una corteccia dura da catasta, vediamo se davvero ci fabbrica la marionetta di cui ciancia. Pinocchio non è qui il protagonista, al centro c’è l’anziano padre alla ricerca del figlio rapito, Mastro Geppetto, appunto!

Il bibliotecario di origine siciliane Fabio Stassi (Roma, 1962), già autore di ottimi romanzi, narra qui benissimo in terza una fiaba tragica.

Fabio Stassi
Mastro Geppetto
Sellerio, 2021

Foto | Nathan Aguirre via Unsplash

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Valerio Calzolaio

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