In vita venne accusato di essere una spia, un pornografo, uno scrittore che aveva buttato alle ortiche il suo grande talento. Un’ostilità sempre crescente, quasi un assedio spirituale che portò D. H. Lawrence a lasciare spesso e volentieri l’Inghilterra. Soggiornò prima in Germania, dove si era rifugiato con Frieda Weekley (che per lui aveva precipitosamente lasciato marito e figli), poi in Italia dove tornò più volte e in diversi periodi della sua esistenza.
Qui da noi iniziò la stesura di un’opera che si sarebbe successivamente divisa in due singoli romanzi: L’arcobaleno e Donne innamorate, due capolavori che rivelano senza possibilità di fraintendimento il talento di uno scrittore che sa indagare in profondità l’animo umano, quella sua disumanizzazione messa in opera dalla modernità e dall’industrializzazione. Temi da sempre cari al cuore dello scrittore, cresciuto, non dimentichiamolo, in una piccola cittadina mineraria dell’Inghilterra.
All’Italia seguirono naturalmente altri viaggi, altre mete. Dalla lontana e selvaggia Australia agli Stati Uniti per giungere poi, sospinto da una sete di conoscenza e d’avventura che non sembrava conoscere fine e pace, fino in Messico. Proprio qui Lawrence fu colpito da un nuovo e gravissimo attacco di malaria e tubercolosi. Miracolosamente lo scrittore si riprese, riaffiorò alla vita, ma fu costretto a lasciare l’America per tornare a vivere in Europa.
Il capolavoro di D. H. Lawrence: L’amante di Lady Chatterley
Di nuovo D. H. Lawrence scelse l’Italia. In una villa vicino Firenze scrisse La vergine e lo zingaro e le tante stesure di L’amante di Lady Chatterley, il suo ultimo capolavoro, destinato ancora una volta a far scandalo. A suscitare indignazione tra i soliti benpensanti. Febbrilmente, nonostante la malattia, l’ostracismo dell’establishment britannico, lo scrittore continuò a lavorare, spaziando dalla poesia alla pittura (una sua mostra a Londra venne chiusa dalla polizia per oscenità).
Accanto a lui fino alla morte, avvenuta il 2 marzo del 1930 nel sud della Francia, l’insperabile compagna di vita e avventura, Frida Weekley, l’indomita tedesca che per lui aveva lasciato tutto dietro le spalle, anche se lo scrittore nel 1913, ascoltando la voce del cuore, aveva confidato agli amici più cari come l’amore perfetto lo avesse sfiorato soltanto a sedici anni con un giovane (e mai dimenticato) minatore.
Foto | SconosciutoUnknown author, Public domain, da Wikimedia Commons
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