L'incontro di Dante e Virgilio con gli ignavi

Gli ignavi nell’Inferno di Dante: significato e legge del contrappasso

Chi sono gli ignavi nella Divina Commedia di Dante Alighieri? È il nome che Dante attribuisce ai peccatori che il Sommo Vate incontra nell’Antinferno. Li trovate ampiamente descritti nel Canto III dell’Inferno, dal verso 22 al 69. Si tratta in pratica di coloro che, durante la loro vita, non hanno mai agito né nel Bene e né nel Male, non hanno mai avuto idee proprie, ma si sono solamente schierati con il più forte. Fra di essi non si trovano solo esseri umani, ma anche tutti quegli Angeli che durante la battaglia fra Lucifero e Dio non scelsero alcun schieramento. Insomma, coloro che rimangono neutrali per mascherare la loro indecisione o assenza di idee.

Il testo della Divina Commedia sugli ignavi

Ecco l’incontro con gli ignavi e la spiegazione su chi sono, come la possiamo leggere nel canto terzo dell’Inferno, versi 31-51:

E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?».

Ed elli a me: «Questo misero modo
tengon l’anime triste di coloro
che visser sanza infamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
delli angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé foro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».

E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidïosi son d’ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa»

La legge del contrappasso per gli ignavi

Dante ha deciso di metterli nell’Antiferno perché non sono stati così malvagi da doversi meritare le pene dell’Inferno, ma non sono stati neanche così buoni da meritare le gioie del Paradiso. Come pena del contrappasso vengono costretti a inseguire nudi per l’eternità un’insegna bianca che corre veloce e gira su stessa (è il simbolo della loro incapacità a decidersi), mentre vespe e mosconi li pungono di continuo. Il loro sangue insieme alle loro lacrime viene poi succhiato da vermi. È una pena non troppo dolorosa rispetto ad altre che vedremo nell’Inferno, ma di sicuro molto degradante.

Dante definisce queste anime come peccatori «che mai non fur vivi». Fondamentalmente, Dante disprezza tantissimo gli Ignavi perché per il poeta, dal punto di vista teologico, l’uomo deve per forza scegliere fra Bene e Male. Inoltre dal punto di vista sociale l’uomo doveva schierarsi politicamente. Per Dante l’uomo è un essere sociale e chi non ottempera ai suoi doveri verso la società, viene disprezzato. Anche Virgilio non sopporta gli Ignavi e dice a Dante di passare oltre senza prestargli attenzione. E nemmeno i Diavoli non li vogliono all’Inferno.

Il gran rifiuto

Fra le schiere di anime degli Ignavi, Dante ci parla di un personaggio che “fece per viltade il gran rifiuto”. Secondo gli studiosi Dante si riferisce a Papa Celestino V, eremita che divenne Papa, ma che ritenendosi non adeguato al ruolo, rinunciò alla carica papale a favore di Bonifacio VIII, Papa profondamento odiato da Dante. Tuttavia non tutti gli studiosi sono concordi, potrebbero esserci molte altre interpretazioni. Il personaggio potrebbe anche essere Ponzio Pilato, colui che nel Vangelo si rifiutò di prendersi la responsabilità di giudicare Cristo o anche Esaù, colui che barattò la primogenitura per un piatto di lenticchie. Ma in realtà nessun critico sa chi sia, scartano man mano le ipotesi, ma ancora tale personaggio non è stato identificato.

Foto | Di Priamo della Quercia [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Nymeria

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