Giuseppe Giacosa

Giuseppe Giacosa: un talento unico tra teatro e opera lirica

Il mio primo incontro con il piemontese Giuseppe Giacosa (1847-1906) non avvenne attraverso la lettura dei suoi drammi teatrali o dei tanto celebrati libretti operistici in qualche rara collana, ma molto più prosaicamente grazie alla televisione che, sull’onda sempre irresistibile della nostalgia, mandò in onda un vecchissimo adattamento (credo risalisse addirittura agli anni ’50) di Come le foglie, e fu, lo ammetto oggi senza riserve, un vero colpo di fulmine.

La storia della famiglia Rosani che per un dissesto finanziario deve abbandonare la bella casa in cui abita e trasferirsi in Svizzera, dove vive un ricco e generoso cugino, rivela molto del cuore umano, esponendone, senza false remore o pudori, splendori e miserie. Tuttavia il famoso dramma, presentato per la prima volta al teatro Manzoni di Milano il 31 gennaio del 1900, non sfocia nella tragedia, nello scoramento che rabbuia ogni speranza, ma poggia piuttosto su un lieto fine inaspettato, sulla salvezza della giovane e sensibile Nennele.

Chi è stato Giuseppe Giacosa

Come dicevo però all’inizio, Giuseppe Giacosa fu anche un celeberrimo librettista. La sua fattiva collaborazione con Puccini la ritroviamo in opere di grande successo come La bohème, la Tosca e la Butterfly. Un sodalizio il loro non sempre facile. Sappiamo che il drammaturgo minacciò più volte di andarsene. Il suo afflato poetico si scontrò, infatti, con la prosaicità della Tosca, con le richieste di continui rifacimenti, l’esigenza di rispettare le scadenze, rallentando così quel suo lavoro teatrale (mettiamo qui al volo l’accento su opere come Tristi amori, La signora di Challant e Diritti dell’anima, tutti drammi di una borghesia inquieta e immalinconita) che rimaneva il cuore pulsante della sua attività letteraria.

Un talento unico e umanissimo quello di Giuseppe Giacosa a cui il Pascoli, uno dei nostri più grandi e amati poeti, dedicò, nel giorno dell’esequie (il nostro morì improvvisamente a 59 anni, il 1 settembre 1906, per un attacco d’asma), versi commoventissimi:

Così la morte è bella
non è partire, è non andar via.
E tu restasti. Non si muore
così. Così, mio buon fratello,
si resta.

Foto | WikiCommons

Giorgio Podestà

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