Janet Frame

Janet Frame e la sua autobiografia “Un angelo alla mia tavola”

Chiusa tra le mura turrite del manicomio di Seacliff in Nuova Zelanda, Janet Frame (1924-2004) aspetta solo che il suo destino tragico si compia. La diagnosi di schizofrenia pesa su di lei come un macigno. Soltanto poche ore la separano ormai da un devastante intervento di lobotomia che, in tutta probabilità, la consegnerà a un silenzio eterno. Drammaticamente senza ritorno.

I libri di Janet Frame

Ma ecco il miracolo, la rapsodia che muta improvvisamente note e colore. Il nero diventa, per la prima volta nella sua vita, azzurro: il suo libro d’esordio La laguna e altre storie vince inaspettatamente il più importante premio letterario dell’isola. La macchina pronta a stritolarla si ferma così a pochi centimetri da lei. Dalla sua vita. Le porte di Seacliff si aprono di nuovo. Sbattono al vento. Janet Frame è finalmente libera. Il suo talento l’ha salvata dal disastro. Dal buio interiore.

Tuttavia le ci vorranno altri quattro anni prima di consegnare alle stampe, nel 1957, il suo primo grande romanzo: Gridano i gufi. Un capolavoro scritto nel giardino di Frank Sargeson. Un capanno con vista su alberi e fiori, dove la Frame trova la propria isola felice e il lungo soliloquio dei gufi può volare infine sulle ali della poesia e della tragedia, banco di prova di una prosa che sommuove il sangue e arriva, dritta e senza ostacoli, al cuore.

Un angelo alla mia tavola

Seguono poi gli anni londinesi, i soggiorni a Ibiza e in Andorra e soprattutto la nuova diagnosi che spazza via l’incubo della schizofrenia. Janet Frame può finalmente tornare a casa, in Nuova Zelanda. Molte le voci e i miti da sfatare però. Così ecco che la scrittrice pubblica un’autobiografia di ben tre volumi dove si racconta, si mette a nudo. Un’opera, oggi nota sotto il titolo unico di Un angelo alla mia tavola, che la rende famosissima in tutto il mondo e che la regista Jane Campion, sua connazionale, porterà poi sul piccolo e grande schermo, accaparrandosi, tra i vari premi internazionali, anche un meritatissimo Leone d’argento alla Mostra di Venezia del 1990.

Arrivano poi puntuali come orologi svizzeri gli anni della vecchiaia che la vedono via via sempre più fragile, esposta all’aggressione inevitabile del tempo; tuttavia coraggiosa e indomita, Frame cercherà fino all’ultimo di lavorare, sedendosi ogni giorno a quella scrivania che, più di una volta, nel corso della sua lunga e difficile esistenza, le ha miracolosamente salvato la vita. L’angelo che, a un solo passo dal buio, l’ha tratta per sempre dall’oblio.

Foto | Fotografo sconosciuto, CC BY 3.0 NZ, attraverso Wikimedia Commons

Giorgio Podestà

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