Pietro Bembo

Pietro Bembo, l’organizzatore della lingua italiana

Una figura quella di Pietro Bembo (1470-1547) destinata a giganteggiare nel nostro Cinquecento. Squisito umanista, poeta in grado di modulare in stanze felici le dolcezze del Petrarca e non ultimo (impossibile tralasciarlo) grammatico illustre che tanto fece e si adoperò per la nostra lingua; quel toscano miracoloso che, in visita col padre nella città di Firenze, l’aveva sedotto perdutamente quando era solo un bambino.

Un amore intenso, travolgente che il giovanissimo Bembo riportò con sé nella propria patria, quella Venezia superba e orgogliosa che dominava i mari e sfavillava da secoli come una pietra preziosa e trascolorante sotto i venti irregolari della laguna. Qui Pietro Bembo visse una giovinezza piena, ricca di stimoli, di amori affocati (come non citare anche solo en passant quello bruciantissimo per Maria Savorgnan?). Ma anche, non dimentichiamocelo, di studi serissimi.

Gli scritti di Pietro Bembo

L’elenco delle sue opere è del resto lungo, a partire dal suo esordio nel lontano 1495 presso Aldo Manuzio con De Aetna ad Angelum Gabrielem liber, per passare poi alle poesie di gusto petrarchesco, accompagnate spesso e volentieri da virtuose del liuto, e giungere infine ai celebri e celebrati Asolan che lo scrittore dedicò all’adorata Lucrezia Borgia, la bionda ed esile figlia di Alessandro VI che, sfuggita alla disfatta familiare, sedeva ora, sensibile e misurata, sul trono ducale di Ferrara.

Poi in un soffio arrivarono anche gli anni della grande saggezza romana, ritratta dalla mano raffinata e suggestiva del Tiziano, dove Pietro Bembo ci mostra ormai le canizie venerande, la barba fluentissima da antico profeta e soprattutto quella porpora cardinalizia conferitagli da Paolo III Farnese nel 1539. Una conclusione gloriosa, da gran savio e squisito uomo di cultura qual era.

Personalità poliedrica che aveva diffuso il petrarchismo in tutta Europa, patrocinato e regolato per primo la lingua italiana nel prezioso Prose della volgar lingua e mostrato infine, in qualità di abilissimo segretario di Leone X, encomiabili doti di diplomatico, capace di destreggiarsi, in giorni a dir poco mossi e burrascosi, tra i più temibili potentati del suo tempo.

Pietro
Bembo, che ‘l puro e dolce idioma nostro,
levato fuor del volgare uso tetro,
quale esser dee, ci ha col suo esempio mostro.
(Ludovico Ariosto, Orlando furioso, canto XLVI, 15, 1-4)

Foto | Tiziano [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Giorgio Podestà

Avatar Giorgio Podestà

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.