Orlando furioso è un poema in ottave di Ludovico Ariosto (1474-1533) che ha avuto più stesura: la prima in quaranta canti fu pubblicata a Ferrara nel 1516; una seconda stesura, caratterizzata da una ripulitura linguistica e da alcune aggiunte e soppressioni, fu pubblicata nel 1521 e una terza stesura in quarantasei canti, caratterizzata da una generale revisione linguistica ispirata ai principi propugnati da Pietro Bembo, e da notevoli aggiunte, uscì, sempre a Ferrara, nel 1532. Celebre l’incipit dell’Orlando furioso:
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.
Intento dell’opera era di esaltare la casa d’Este e il suo leggendario fondatore Ruggiero, e di continuare la storia dell’amore di Orlando per Angelica, già iniziata da Matteo Maria Boiardo nell’Orlando innamorato. L’Orlando furioso è un’opera piena di equilibrio rinascimentale in cui si compongono i temi più diversi, di origine classica e romanza, di tono epico e avventuroso.
Orlando furioso: tema principale e trama
Il tema che fa da sfondo e da filo conduttore all’Orlando furioso è quello della guerra fra Saraceni e cristiani, ai tempi di Carlo Magno. I Saraceni, guidati dal re d’Africa Agramante, hanno attaccato la Francia, con l’aiuto del re di Spagna Marsilio e di due potenti guerrieri, l’africano Rodomonte e il tartaro Mandricardo. Dopo diverse vicende, essi sono messi in rotta e costretti a tornare in Africa, dove poi i paladini di Carlo distruggono Biserta, la capitale del regno di Agramante, e sconfiggono in un triplice duello i tre campioni saraceni Agramante, Gradasso e Sobrino.
La scena principale del poema è Parigi, da cui gli eroi si disperdono e a cui periodicamente ritornano. A Parigi ha inizio l’azione, quando Angelica, principessa del Catai, che si trova nel campo di Carlo Magno, si dà alla fuga; qui si innesta il tema che dà il titolo all’opera: Orlando, il principale dei paladini, eroe perfetto e invulnerabile, invaghito della bellezza di Angelica, dimentica i propri doveri e la insegue.
Dopo varie avventure Angelica si imbatte in un soldato saraceno ferito, Medoro, lo cura, si innamora di lui, lo sposa e lo porta con sé nel Catai. Orlando arriva per caso nel luogo dove era sbocciato l’amore di Angelica e Medoro, i cui nomi appaiono incisi sugli alberi e nella roccia ed è preso da improvvisa pazzia: corre senza vestiti per il mondo, distruggendo tutto quello che incontra, finché non interviene il cugino Astolfo, che lo cura dall’amore e dalla pazzia: Orlando torna a prendere parte alla guerra e, nel triplice duello di Lipadusa, uccide Agramante.
A Parigi è anche la scena finale dell’opera, il grande duello fra Rodomonte, l’ultimo campione della causa saracena, e Ruggiero, che era stato anche lui saraceno ma che, per l’amore di Bradamante, guerriera cristiana sorella di Rinaldo, si è convertito al cristianesimo. Dopo molti atti di eroismo l’ultima impresa di Ruggiero è quella di uccidere Rodomonte e di riportare così la pace nel mondo.
I temi secondari dell’opera di Ludovico Ariosto
Ai temi principali dell’Orlando furioso se ne intrecciano molti altri. Le imprese eroiche di Rinaldo e di Marfisa, la donna guerriera che si scopre sorella di Ruggiero. Le avventure amorose, in tutte le possibili sfumature, dall’ossessione di Orlando, alla fedeltà di Bradamante al suo Ruggiero, al sacrificio di Isabella per il dolce Zerbino, all’amore gentile di Fiordiligi e Brandimarte, alla tenace costanza di Olimpia, alla volubilità di Doralice, alla ferocia misogina di Rodomonte.
E poi ci sono le magie di Atlante e di Alcina, che avvolgono gli eroi nei loro incanti, e introducono cavalli alati e spade invincibili e castelli di sogno: Astolfo è l’eroe che impersona il fascino delle avventure e per gli incantesimi; a cavallo dell’ippogrifo egli sale sulla luna per riportarne il senno di Orlando e poi con vari aiuti soprannaturali riesce a trasferire la guerra nel regno stesso di Agramante; ma lentamente gli incanti si dissolvono e anche Astolfo finisce con l’accettare la comune misura umana delle proprie azioni.
Nel poema si hanno anche continui richiami a eventi e personaggi del mondo dell’Ariosto, e quindi sfondi di campagne e castelli cinquecenteschi, echi di guerre; e la concezione morale del Rinascimento suona chiara nella psicologia dei personaggi, nello spregiudicato realismo col quale sempre si accenna alla politica, alla diplomazia, ai rapporti sociali, nell’interpretazione dello stesso mondo cavalleresco, idealizzato, ma insieme corroso all’interno dalla sottile ironia.
Su tutto, l’occhio curioso, affettuoso e vigile del poeta, che tutto soffonde di classica dignità, che ogni vicenda racchiude nell’ampio ritmo scandito della sua magnifica ottava, che nelle pause degli esordi o nelle più brevi pause della narrazione fornisce la misura sorridente o pensosa di tante umane vicende.
La fortuna nei secoli
Il poema ebbe una fortuna quasi ininterrotta nei secoli: nel secondo Cinquecento, tuttavia, gli ammiratori dell’Orlando furioso dovettero difendersi e giustificarsi, e prender posizione contro i polemici sostenitori del Tasso; e nel Seicento il gusto prevalente sì mostrò particolarmente sordo alla poesia dell’Ariosto.
Nel Settecento, invece, si ebbe una graduale rivalutazione: la mentalità razionalistica del secolo apprezzò la limpidezza delle proporzioni del poema, e la sensibilità preromantica ne ammirò il lato meraviglioso e l’energico piglio di molte azioni e personaggi.
Nell’Ottocento, dopo i giudizi del Foscolo e del Leopardi, e le prese di posizione dello Hegel, del Quinet e del Gioberti, la critica romantica raggiunse il suo culmine nelle pagine del De Sanctis, che vide simboleggiato nell’Orlando furioso l’amore rinascimentale per la pura forma. L’opera fu anche oggetto di molte attenzioni da parte di filologi illustri, primo fra tutti il Rajna.
Nel Novecento si è avuto attorno all’Orlando furioso un gran fervore di studi, e una continua adesione di lettori: merito soprattutto del Croce, il quale, riallacciandosi al De Sanctis, ma rivendicando l’armoniosità e l’interna libertà del poema, ha dato l’avvio a tutta la critica moderna dell’Orlando furioso.
Via | Dizionario della letteratura italiana, a cura di Ettore Bonora
Foto | Gustave Doré [Public domain], attraverso Wikimedia Commons
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