Wilfred Owen

Wilfred Owen e la poesia nell’inferno della Grande Guerra

Un’intera generazione venne brutalmente falciata via dalla Grande Guerra. Milioni di giovani perirono sui campi di battaglia, da Verdun a La Somme, da Ypres a Caporetto. Quattro lunghi anni di feroci combattimenti che trasformarono l’Europa in uno sterminato cimitero. In una desolata distesa di croci.

Da quelle voci zittite per sempre si levò tuttavia la testimonianza sofferta di un gruppo di giovani poeti. Poeti che nei loro versi raccontarono gli orrori senza fine di quel conflitto spaventoso, di quella devastante guerra di trincea che cambiò per sempre il volto del vecchio continente.

Chi è stato Wilfred Owen

Tra i più amati e celebri, troviamo certamente il britannico Wilfred Owen (1893-1918), morto soltanto una manciata di giorni prima della dichiarazione dell’armistizio. Una poesia, la sua, dove l’inferno delle trincee trova piena accoglienza.

Un inferno condiviso con Siegfried Sassoon, un altro famoso poeta di guerra che esercitò su di lui una grande, ramificata influenza. Il loro incontro, avvenuto presso la clinica militare di Craiglockhart (citiamo a questo proposito il bellissimo romanzo di Pat Barker, Rigenerazione), segnò in profondità il giovane ufficiale.

Un sentimento che per Wilfred Owen si trasformò ben presto in qualcosa di più esclusivo, di un affetto che andava ben al di là della semplice ammirazione.

Fu proprio in virtù di questo intenso sentimento che il poeta volle tornare al fronte, nonostante una licenza illimitata che gli avrebbe permesso di stare al sicuro fino alla fine del conflitto. Il desiderio di dare voce a quei giovani mandati al massacro, unito alla volontà di sostituire almeno idealmente sul campo di battaglia l’amato Sassoon, congedato per motivi di salute, portarono il poeta alla morte il 4 novembre 1918.

Il suo eroismo ricevette il premio con la celebre Military Cross. Le sue poesie, da Anthem for Doomed Youth a Dulce et Decorum est, diventarono nell’immediato dopoguerra, grazie soprattutto all’encomiabile lavoro di promozione di Sassoon e l’aiuto dell’influentissima Edith Sitwell, la voce più autentica di quella generazione andata tragicamente perduta.

Foto | Sconosciuto [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Giorgio Podestà

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