Daniele Mencarelli, La casa degli sguardi

La casa degli sguardi, di Daniele Mencarelli

Se dovessi scegliere una chiave di lettura per il romanzo La casa degli sguardi di Daniele Mencarelli opterei per i suoni e i rumori. O, meglio, per i rumori che diventano suoni. Dal palpitare forsennato del cuore nel primo capitolo, al «suono della sveglia è un’esplosione nel buio compresso della mente» fino allo scorrere placido dell’acqua del Tevere. Una metafora della vita del protagonista che, attraverso l’uso della parola, giunge a conoscere se stesso.

La casa degli sguardi

Daniele Mencarelli, La casa degli sguardi
Daniele Mencarelli, La casa degli sguardi

Volendo dare contezza della trama, La casa degli sguardi racconta di un uomo, Daniele, risucchiato nel vortice dell’alcol. Una dipendenza forte, una passione smodata per il vino bianco. «A ogni bar un bicchiere di bianco. Un bicchiere di bianco dall’inizio alla fine. È la cosa che costa meno in assoluto».

Vuole risollevarsi, Daniele, dalla situazione in cui vive e per questo chiede aiuto a un amico. In questo modo entra a lavorare in una cooperativa che fa servizio all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Il percorso congiunto di Daniele nelle vie dell’alcol e dei piccoli malati nei corridoi dell’ospedale darà vita a un qualcosa di nuovo. E questo qualcosa sarà possibile grazie alla poesia. Sì, perché Daniele è un poeta («in Italia ci sono sei milioni di scrittori di poesie. Potremmo presentarci alle elezioni, e vincerle»).

Il sapiente uso delle parole

Ma, al di là della storia in sé, quello che conquista de La casa degli sguardi è il modo in cui vengono raccontate le situazioni. «Osservare è il mio vero lavoro, quello non scelto ma affibbiato alla nascita». «Basta osservare con cura, farsi portare nella vita degli altri».

L’operazione che compie Daniele Mencarelli – autore che, tra l’altro, ha pubblicato con noi della Graphe.it edizioni il racconto A.D. 2953 – è di squadernarci dinanzi agli occhi una realtà difficile da capire. A cominciare dal primo, terribile, incontro: «Io non sapevo che i bambini morissero, sì, muoiono, ma non così, come quello scandalo di bellezza e infanzia sfinita ai miei piedi».

Ed è un proliferare di domande, molte delle quali, purtroppo, senza risposta: «Se la bellezza è dono per il mondo, a chi serve il loro orrore? Questi piccoli cosa rappresentano? Il peccato? E di chi? Non certo loro, nati con una dote tremenda e immeritata, da smussare un poco alla volta, operazione dopo operazione». «Se ci sei tu, Dio, dietro tutto, perché non hai preso me? O qualsiasi altro adulto sulla faccia della Terra? Gente con anni alle spalle, che ha gioito e sofferto, che ha dato e ha preso […] Se ci sei tu, Dio, dietro tutto, quello che fai compiere qua dentro non è giusto. Tu, non noi, dovresti chiedere perdono».

Piccolo diamante è la citazione dell’Ultima preghiera di Giorgio Caproni: «Anima mia, fa’ in fretta. / Ti presto la bicicletta, / ma corri. E con la gente, / ti prego, sii prudente, / non ti fermare a parlare / smettendo di pedalare».

Gli sguardi

Un cammino, quello compiuto dal protagonista del libro, fatto soprattutto di sguardi (non a caso il titolo del romanzo è La casa degli sguardi), ma anche di certezze che solo affrontando la vita ogni giorno, con le sue difficoltà, si può rinascere:

Tutto quello che ha preso la mia vita e l’ha rivoltata è dentro l’ospedale. Un grammo alla volta, arto dopo arto, fino al cuore, il cervello. Quando penso a tutti gli incontri, le esperienze, l’aberrazione e l’incanto dentro ogni singolo istante. E la moltitudine di parole che mi viaggia nella mente. Io sono già rinato. Il primo giorno che ho messo piede al Bambino Gesù.

La stanza degli sguardi è da leggere insieme alla raccolta poetica Bambino Gesù, sempre di Daniele Mencarelli.

Non so se sono riuscito a scrivere quello che veramente pensavo: confesso che è stato un fascio di emozioni leggere questo romanzo.

I dati del libro

Daniele Mencarelli
La casa degli sguardi
Mondadori, 2018

Roberto Russo

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