Era la fine degli anni Novanta quando un gruppo di editori cileni parlò per la prima volta di bibliodiversità. In un panorama dominato da grossi editori, che coprono gran parte del mercato e che spesso stabiliscono il proprio piano editoriale in base alla massima redditività e non alla qualità del prodotto edito, i piccoli editori la garantiscono e se ne fanno portavoce.
Nel 2007, dopo anni di riflessioni e contatti tra i vari editori, si è svolto un importante convegno, organizzato dall’Alleanza internazionale degli editori indipendenti e patrocinato dall’UNESCO, da cui è scaturita la Dichiarazione internazionale degli editori indipendenti per la tutela e la promozione della bibliodiversità. (La versione linkata è quella del 2014).
Il perché della bibliodiversità
Da allora il dibattito è acceso e la relazione e la collaborazione fra editori indipendenti di tutto il mondo continua. Lo scopo è far uscire il prodotto libro da una logica di massimizzazione del profitto che produce una omologazione sempre più forte. Per dirla in soldoni: non appena Harry Potter (o se preferite Twilight o Cinquanta sfumature di grigio) hanno avuto successo, gran parte della produzione letteraria successiva si è allineata al genere.
Un processo assolutamente normale e se vogliamo niente affatto scandaloso. Se non fosse per il fatto che questo genere di “impronte” durano anni e a volte sembrano stravolgere i piani editoriali.
Da un punto di vista prettamente intellettuale, produzioni sempre identiche appiattiscono il gusto del pubblico. Se aggiungiamo che i piccoli editori fanno molta fatica ad ottenere visibilità e mezzi per emergere e rendere appetibili le loro offerte, è come se i generi letterari, gli stili narrativi si riducessero drasticamente.
Ora, è chiaro che non sempre piccola editoria vuol dire editoria di qualità, ma è anche vero che noi lettori abbiamo imparato ormai da tempo a slegare da un concetto di qualità anche i colossi del campo.
La qualità dei libri
Per noi che facciamo del recensire libri la nostra passione e professione, il fenomeno è evidente anche al di là delle statistiche. Si fatica non poco a trovare voci nuove e interessanti, romanzi o racconti o raccolte poetiche originali. Persino la qualità dell’editing e delle traduzioni è spesso scarsa.
Mi chiedo se il mercato degli ebook avrà l’opportunità di migliorare la situazione, avendo meno costi e oneri del prodotto cartaceo tradizionale. Certo che, da lettrice, a prescindere da un’offerta legata alla bibliodiversità, credo che tocchi anche a noi lettori osare e dare fiducia ai piccoli editori, se non altro per scoprire qualcosa di diverso.
Io, per il momento, vi consiglio di dare una lettura alla Dichiarazione, curiosa soprattutto per il lungo elenco di firmatari e per i paesi da cui sono giunti.
Testo a cura di Mariantonietta Barbara
Foto | Nino Carè via Pixabay