Ce l’ho o c’è l’ho? Molte persone sbagliano in proposito!
Se ce l’avete davvero, di qualsiasi cosa si tratti, dovete scrivere ce l’ho.
Ce l’ho o c’è l’ho? Approfondiamo la questione
Quando il programma di grammatica giunge all’uso del ci non pochi mal di pancia si scatenano, non per antipatia, quanto piuttosto per l’oggettiva complessità degli usi di quella che siamo stati abituati a chiamare “particella pronominale”. Vediamone i principali.
Ovviamente, e questo è facile, ci è il pronome personale atono – senza accento – corrispondente a noi e a noi:
- Ci hanno visti ieri al cinema
- Dal loro ultimo viaggio ci hanno portato un bel souvenir
Come pronome riflessivo, anche questo frequentissimo e semplice:
- Ci siamo lavati bene
Con valore impersonale, frequente in Toscana, ma in rapida diffusione in tutto il territorio nazionale:
- Ci si vede più tardi.
Ci può anche assumere il significato di qui, in questo luogo; lì, in quel luogo:
- Mi piace la montagna ecco perché ci vado spesso
Ma può essere ancora più circostanziato significando per questo, per quel luogo:
- Ci passo spesso per andare al lavoro.
Nella lingua parlata lo si può usare anche “in eccesso” in frasi del tipo:
- Non pensavo che in questo ristorante ci si mangiasse così bene
Ci e in questo luogo dicono praticamente la stessa cosa, ma nel parlato la ridondanza è ammessa.
Che dire di: “Da quell’orecchio non ci sente”? Frase in cui si ribadisce da quello con l’uso di ci, appunto.
Gli esempi diventano un po’ più complessi quando ci assume valore dimostrativo:
- a ciò: Non ci credo!
- su ciò: Su di lui ci puoi contare.
- in ciò: Non ci capisco nulla.
Oppure con il significato di con lui, con lei, con loro: “Con lui/lei/loro è tanto tempo che non ci parlo più”.
Un uso sempre più diffuso nella lingua scritta e prassi nel parlato è il cosiddetto ci attualizzante: “Non c’ho fame”, “Non c’ho voglia”, “C’ho fame”. L’uso abbondante che se ne fa nella lingua spontanea ha portato i puristi della lingua a interrogarsi sulla correttezza della grafia c’ho, ma, in questo e in altri, è il caso di dirlo, chi vivrà, vedrà.
In alcune costruzioni, l’uso di ci è obbligatorio: “Ce l’hai la penna? Ce l’ho”. La variante: “Hai la penna?” è completamente accettata, ma di certo non potremmo dire “Sì, ho”.
A tal proposito, per la poca familiarità di molti parlanti con le regole grammaticali – fatto di per sé non grave – e per lo sgambetto del sistema T9 in campo telefonico (sms, Whatsapp, Twitter), si verifica spesso la grafia ce lo invece della forma corretta ce l’ho. Questo fa scattare un esercito di penne rosse, ahimè, a ragione.
Ce lo è un pronome doppio e vale “a noi lo”: “Ce lo dicono sempre” e non va assolutamente confuso con la forma “ce l’ho” in cui è presente il verbo avere.
Per i più accorti, e pazienti, potremmo proporre un piccolo esempio di fonetica. Pronunciare una volta ce lo e una ce l’ho. Nel primo caso si noterà che la prima “o” è chiusa, infatti su di essa non cade l’accento ed è un pronome, mentre la seconda corrispondente al verbo avere, è decisamente aperta. Se non doveste sentire la differenza, nessuna paura, le pronunce regionali in Italia fanno miracoli.
Foto | Pixabay
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