Augusto Novelli

Augusto Novelli: il commediografo fiorentino che ha fatto ridere e riflettere

Autosoprannominatosi “il Novellino“ per firmare gli articoli giornalistici del periodico satirico Il vero monello – che gli valsero anche una condanna in prigione da parte del governo Crispi con l’accusa di aver sobillato l’odio tra le classi sociali – Augusto Novelli (1867-1927) è da tutti conosciuto per le sue opere teatrali. Egli, infatti, fu per Firenze e il suo dialetto quello che Goldoni fu per Venezia e quello che successivamente Govi sarebbe stato per Genova. Tanto che lui stesso dichiarava: “Sono il Goldoni, sono il Gallina redivivo“.

Un fondamentale realismo fatto dei mondi popolare e piccolo-borghese, unito a un moralismo elementare condito da una certa verve comica erano l’essenza del suo teatro, portato sulla scena con una parlata che era il toscano “urbano”. Parlata che non piacque ai critici, ma che lui difese strenuamente sostenendone l’esportabilità.

Tre opere di Augusto Novelli

Novelli non credeva nella possibilità di successo di un teatro nazionale. Scelse, infatti, di essere bandiera fiorentina di un teatro regionale che potesse rappresentare personaggi, caratteri e profili di una determinata territorialità. Che purtroppo, però, non gli sopravvisse. Alle sue idee si contrapposero quelle di un grande attore fiorentino, Andrea Niccoli, con il quale inizialmente il Novellino collaborò e il quale riteneva il vernacolo solo uno strumento d’espressione che dovesse essere funzionale a mettere in scena tutti gli strati sociali, e non solo i più poveri.

L’acqua cheta, l’opera più nota di Augusto Novelli

Per Augusto Novelli la notorietà arrivò d’un tratto, nel 1908, grazie alla rappresentazione de L’acqua cheta, che ottenne ben quarantaquattro repliche. Da questa vicenda fatta di intrighi, amori corrisposti e non e perfino da un rapimento-fuitina smascherato, venne tratta addirittura un’operetta.

L’eroe del caso è il giovane popolano Cecco, innamorato della sua chitarra e della bella Anita, ma osteggiato da Rosa e da Ulisse. Alla fine – dopo un secondo atto esilarante tutto recitato sopra un albero di fico – l’amore trionferà.

Gallina vecchia

Del 1911 è Gallina vecchia, commedia dai tratti ultramoderni con cui Novelli s’impose al grande pubblico e che ancora oggi viene rappresentata nei teatri italiani.

È la storia di Nunziata, bottegaia con fiuto per gli affari che porta avanti un matrimonio e una relazione extraconiugale con il lavorante Bista. Quando resta vedova, però, l’amante non le basta. Ritiene di poter avere di più e così si scatena una serie di eventi rocamboleschi che termineranno con la riunione dell’antica coppia.

Quello che emerge, però, di questo testo, è l’estrema attualità della protagonista, la gallina vecchia appunto, che non si rassegna al tempo che passa e pensa di poter fare ancora “buon brodo” saltando da un letto a un altro con una spregiudicatezza che è tipica delle più scafate manager contemporanee.

Acqua passata

Infine ricordiamo, facendo un passo indietro di tre anni e tornando al prolifico 1908, Acqua passata, un’opera che dimostra come il dialetto possa essere adatto a raccontare anche situazioni drammatiche.

Al centro dell’azione Maddalena e Gaetano, entrambi ospiti dello stesso, tristissimo ospizio di Montedomini nel quale non si erano mai conosciuti. S’incontrano, invece, in un giardino pubblico di Firenze. Mentre parlano del loro vissuto comune in una struttura crudele in cui si punisce un anziano solo per aver perso il fazzoletto, vanno indietro con la memoria e con la vita e a un tratto si riconoscono. Erano sposati e avevano un bambino, poi lui aveva cominciato a picchiarla e lei era scappata. Il dramma si chiude con i due vecchi che piangono abbracciati pensando a quello che poteva essere e non è più stato.

Foto | Mario Nunes Vais, Public domain, da Wikimedia Commons

Roberta Barbi

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