Cesare Pavese (1908-1950), autore de La luna e i falò

La luna e i falò: riassunto e analisi del romanzo di Cesare Pavese

La Luna e i falò, romanzo scritto nell’arco di circa tre mesi, fu pubblicato per la prima volta nella primavera del 1950, e Cesare Pavese – sempre lucidamente critico nei confronti delle sue stesse opere – disse che per lui era quello il libro la cui stesura gli aveva procurato il più grande piacere.

Chissà se già sapeva, Pavese, che questa pubblicazione sarebbe stata l’ultima.

Riassunto de La luna e i falò

La voce narrante è quella di Anguilla, tornato dall’America al suo paese, dopo la Liberazione.

L’emigrante si racconta nel presente guardandosi indietro, in una mescolanza tra passato e presente, fino al tempo in cui neonato era stato abbandonato e portato all’ospedale di Alessandria in attesa di adozione. Rivede la sua famiglia adottiva, ripercorre la propria giovinezza, il primo lavoro, le amicizie, la voglia di avventura, di conoscere il mondo, ma insinua nel lettore il pensiero che è tipico dell’autore, ovvero l’importanza della famiglia, di un luogo in cui vivere e muoversi, un paese a cui tornare.

Scopre tuttavia che tante cose sono cambiate in un luogo paradossalmente statico in cui niente cambia, che altrettante ne sono successe e non tutte belle da sentirsi raccontare. Qualcuno non c’è più, qualcun altro è cambiato, altri sono andati via.

Prima di partire per l’America, Anguilla pensava che il suo paese – mai citato per esteso ma di certo Santo Stefano Belbo – fosse tutto il mondo. Ma dopo aver viaggiato, comprende che il mondo è altro, è più vasto, tutto da scoprire, mentre il proprio paese è un po’ come una famiglia, un luogo spesso da lasciare ma che lascia a noi la nostalgia.

Un punto fermo, nel tuo vivere, che ti aspetta sempre e comunque e che troverai là dove lo avevi lasciato, anche dopo una vita intera.

I personaggi dell’ultimo romanzo di Cesare Pavese

Anguilla, il protagonista

Abbiamo già nominato Anguilla, protagonista principale e voce narrante, l’emigrante che torna al paese della sua giovinezza. Non conosciamo il suo vero nome, ma è chiamato così dai suoi conterranei e al momento del ritorno a casa ha circa quarant’anni. È un trovatello, ha viaggiato tanto ma questo ritorno lo rende ancora più nostalgico e malinconico, poiché non riconosce più come suo neppure quel luogo.

Nuto, l’amico

Nuto, è l’amico intimo del protagonista, colui che lo accoglie dopo anni, e che ascolta le sue amarezze o riflessioni. Anguilla prova per lui stima e ammirazione, ma Nuto a volte non lo capisce, perché non condivide la sua smania di conoscere e viaggiare.

Il piccolo Cinto

Cinto è un ragazzino al quale il protagonista si affeziona molto. Una malformazione alle gambe gli impedisce di vivere normalmente, di seguire i suoi coetanei nelle naturali scorribande e giochi. Così Anguilla gli fa compagnia e lo distrae con i suoi racconti di viaggio. Nonostante il legame che si crea, quando al ragazzino muore il papà lui non se la sente di prendersene cura e lo affida a Nuto, rimandando il momento in cui se ne occuperà a quando sarà più grande.

Irene, Silvia e Santa

Tre sorellastre, le tre “padroncine”, che vivono alla fattoria della Mora, molto belle e corteggiate che purtroppo hanno un triste destino. Una morirà molto giovane, una vivrà infelice per un matrimonio sbagliato, e l’ultima sarà considerata una spia delle camice nere e per questo condannata a morte dai partigiani.

La luna e i falò: analisi del romanzo

In questa narrazione, è affascinante la visione della luna che scandisce le stagioni, che separa il giorno dalla notte, un simbolo che instaura il rapporto fra terra e cielo.

La luna che stabilisce il ritmo del romanzo, che osserva dall’alto i falò delle feste contadine e li accompagna con la sua imponente ma discreta presenza, vegliando sui campi e sul lavoro dell’uomo.

Il romanzo La luna e i falò amalgama due piani narrativi, uno legato all’infanzia, al passato, al tempo andato che impregna il presente di nostalgia, e l’altro legato alla maturità, momento della vita in cui le illusioni cadono. Nel primo, i falò sono suggestioni, calore, comunità, momenti di condivisione e di festa; nel secondo illuminano meglio ciò che è, divenendo anche situazione tragica (l’incendio dannoso per cose e persone, fiamme non più festose ma distruttive e crudeli quanto l’uomo).

La delusione è parte integrante del protagonista, insieme al senso della perdita d’ogni sogno da sognare o di radici vere. Di un luogo dove sentirsi davvero bene.

Alcune frasi de La luna e i falò

La bellezza di un libro sta anche in quelle frasi che – estrapolate dal loro contesto – restano ancora illuminanti o capaci di messaggi che scavano dentro. Ne abbiamo scelte alcune da La luna e i falò perché…

  • Sono libri, leggici dentro fin che puoi. Sarai sempre un tapino se non leggi nei libri.
  • Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
  • I veri acciacchi dell’età sono i rimorsi.
  • Che cos’è questa valle per una famiglia che venga dal mare, che non sappia niente della luna e dei falò? Bisogna averci fatto le ossa, averla nelle ossa come il vino e la polenta, allora la conosci senza bisogno di parlarne.
  • Allora Nuto si era messo a gridare che nessuno nasce pelandrone né cattivo né delinquente; la gente nasce tutta uguale, e sono solamente gli altri che trattandoti male ti guastano il sangue.

Il romanzo di Cesare Pavese al cinema

Nel 1979, viene presentato al festival di Cannes il film Dalla nube alla resistenza, per la regia di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet. Il soggetto è di Cesare Pavese.

Il film televisivo che ebbe distribuzione anche nelle sale, consta di due parti, la prima è ispirata ad un’altra opera di Pavese – Dialoghi con Leucò – mentre nella seconda parte troviamo i racconti di guerra dell’artigiano-musicista Nuto, racconti che hanno come pubblico il «Bastardo», rientrato dall’America nelle natie Langhe. È questa, naturalmente, la parte che si ispira a La luna e i falò, sebbene in modo sperimentale e differente.

La critica fu benevola in un discorso generale sul coraggio di osare dei registi. Ma si ritenne che per un pubblico «normale» l’esperimento che mescolava dramma e mitologia potesse risultare noioso e di difficile comprensione.

In conclusione

Per quanto riguarda il romanzo, possiamo dire che i trentadue brevi capitoli di cui è composto, riflettono lo stato d’animo dello scrittore e poeta, la sua malinconia e quel velo d’amarezza che lo facevano sentire perennemente in esilio dalla vita. Forse per questa ragione, scelse di morire suicida nell’agosto del 1950, a quattro mesi dalla pubblicazione de La luna e i falò.

Foto | Di Poligrafici Editoriale S.p.A. («La Nazione» 25 aprile 2014 p. 32) [Public domain o Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Susanna Trossero

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