Ho passato da qualche anno quell’età che per Dante era “il mezzo del cammin di nostra vita”, e anche se mi auguro che la pandemia in atto non abbia modificato i dati dell’aspettativa di vita attuale che spingono il mezzo della vita dei nostri contemporanei un po’ più in là, mi rendo conto che l’attuale condizione da reclusi in cui viviamo oggi non può non influenzare ogni gesto che facciamo, ogni parola che pronunciamo o che scriviamo, perciò ho deciso di tentare l’impossibile: analizzare la poetica di Dante Alighieri alla luce di quanto sta accadendo intorno a noi.
La poetica di Dante Alighieri
In questi giorni siamo bombardati da messaggi che paragonano la lotta al Covid-19 a una guerra, di quelle sanguinose che si combattono con poche e inefficaci armi e lasciano molti morti sul terreno.
Bene, oggi vi vorrei proporre una nuova immagine: la pandemia come l’Inferno, proprio quello dantesco. Fior di studiosi nei secoli hanno cercato di individuare una collocazione spazio-temporale per l’Inferno, ma oggi la risposta emerge da sola: pianeta Terra, inverno-primavera (e chissà quanto altro ancora) 2020.
Plurilinguismo tra ieri e oggi
Una delle principali caratteristiche della poetica di Dante Alighieri, più evidente di tutti nella Divina Commedia – per chiamarla come la battezzò il Boccaccio – è il plurilinguismo.
Questo significa essenzialmente due cose: innanzitutto l’interesse del Poeta per la lingua considerata “bassa”, quella parlata, che allora si chiamava “volgare”; e poi la capacità di usare registri linguistici ogni volta diversi a seconda del contesto, ma anche dell’argomento di cui si parla: perciò ad esempio nell’Inferno si parla una lingua molto diversa rispetto a quella sublime del Paradiso.
Oggi la distanza tra la lingua “colta” e quella del popolo è molto minore rispetto all’epoca di Dante, eccezion fatta per quei contesti in cui viene ancora usato molto il dialetto, come pure non molto diverse sono la lingua parlata e quella scritta, almeno quando si conosce e si utilizza l’italiano in modo corretto. Pur restando questa a mio parere una condizione essenziale e necessaria alla convivenza civile, oggi a volte sembra passare in secondo piano a vantaggio della conoscenza di più codici linguistici, perciò oltre all’italiano ad esempio studiamo l’inglese, lo spagnolo ecc.
Resta, ovviamente, la differenza di registro in base al contesto e all’argomento di cui si parla, anche se è esperienza di tutti giorni che lo stesso tema può essere declinato in forme diverse. Pensiamo, ad esempio, all’unico argomento di cui si parla oggi: la diffusione della pandemia. La stampa ne parla in maniera seria e compita, mentre parallelamente sul web gira di tutto: vignette, filmati e animazioni, realizzati sia da professionisti sia da gente qualsiasi, che di volta in volta ironizzano, dissacrano, minimizzano e, perché no, a volte addirittura ingigantiscono la realtà. Se pensiamo, poi, allo storico della comunicazione in materia di Coronavirus nel nostro Paese, dall’inizio dell’emergenza a oggi, ci rendiamo conto che anche la stampa un po’ di confusione l’ha fatta, ma questa è un’altra storia.
L’io protagonista: dalla novità dello Stilnovo allo straripamento nei social
Un altro tratto di originalità e innovazione della poetica di Dante è stato inserire in letteratura l’elemento spirituale e autobiografico. Nessuno prima lo aveva fatto: la letteratura, l’arte di raccontare storie, era lontana dalla realtà e attingeva per il suo materiale, ai sogni, alla fantasia e all’invenzione degli autori, non certo alla quotidianità, alla vita vera o alla propria esperienza personale. Con Dante lo Stilnovismo muta e si evolve, arricchendosi dell’introspezione psicologica: è come se l’io, pian piano, si facesse strada per diventare protagonista.
Oggi purtroppo non abbiamo solo l’io, ma il Super Io (e non parlo della definizione che se ne dà in psicanalisi) al centro di tutto. Ognuno parla di sé, sempre e comunque, senza ascoltare l’altro, ma – ancor peggio – senza avere nulla da raccontare.
I social network, che pure in parte in quanto strumenti di democrazia estrema potrebbero veicolare letteratura, in questo senso non aiutano: nati per la comunicazione veloce, seppur frammentaria, tra le persone, sono diventati specie di diari pubblici in cui la privacy si è perduta. Siamo proprio sicuri, pur in questo tempo di clausura forzata, che quello che stiamo cucinando, o il gioco che stiamo facendo con i nostri figli siano contenuti che possano arricchire la vita o almeno solleticare l’interesse di qualcun altro?
La donna angelo contro la donna angelo (forzato) del focolare
Abbiamo già parlato della donna angelo quando abbiamo analizzato il rapporto tra Dante e Beatrice, ma certo, quando si parla della poetica di Dante, questo è un concetto che proprio non si può trascurare.
Sappiamo che la donna angelo è una specie di tramite, colei che può far elevare talmente tanto l’animo e il cuore del suo innamorato, da farlo arrivare a Dio. E anche qui Dante è un innovatore, perché ad esempio per il suo contemporaneo Cavalcanti, invece, la donna anziché portare luce, porta all’animo e al cuore del suo innamorato, solo indicibili sofferenze.
Al giorno d’oggi esiste ancora chi soffre per amore, certo, mentre credo che nessuno sia più interessato ad elevarsi a Dio attraverso l’amata. Comunque, in questi giorni di convivenza coatta si fa un gran parlare, per lo più in faceto, della crisi di coppia dovuta proprio a questa particolare condizione “carceraria”. Quanto alla donna, nelle vignette che girano, diventa sempre meno donna angelo e si trasforma via via in donna pelosa (quando ci si concentra sull’impossibilità di andare dal parrucchiere e dall’estetista), donna insopportabile per marito e figli o chiunque le sta vicino, donna grassa perché portata dalla noia a cucinare 24 ore su 24.
E quindi, che c’entra la poetica di Dante Alighieri?
Senza aver alcuna competenza letterario-linguistica che sia appena vagamente sufficiente per parlare di Dante e in pochissimo spazio, ammettiamo che oggi abbiamo voluto solo divertirci.
Mi raccomando: prendete tutto quello che abbiamo scritto qui solo ed esclusivamente con il beneficio d’inventario, anche se credo qualche buono spunto di riflessione ci sia. Per me come per voi. Sul passato, sul presente e mi auguro anche sul futuro. Chissà, magari anche noi ci annoiamo e abbiamo bisogno, se non di udire la nostra voce, almeno di leggere la nostra penna. Alla prossima.
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