In questi giorni difficili in cui gli italiani si stringono intorno a una bandiera, intonando uniti l’inno nazionale, ho pensato che potesse essere utile parlare di un altro simbolo di italianità nel mondo: il nostro Sommo Poeta Dante Alighieri che, lo vedremo, da un punto di vista politico era un grande fautore dell’unità di un’Italia allora divisa nel potere dei tanti Comuni. E dal momento che molti di voi che state leggendo siete studenti che in questo periodo non possono andare a scuola, perché non immaginare di svolgere insieme un tema su Dante Alighieri, che poi, nell’anno delle prime celebrazioni del Dantedì potrebbe anche uscire come titolo alla maturità, anche se allo stato attuale non sappiamo né come né quando questa si svolgerà?
5 consigli per svolgere un tema su Dante Alighieri
E allora forza, compiamo anche noi un bel viaggio all’interno dei vari temi toccati dalla sua poetica. Questi i nostri suggerimenti per scrivere al meglio un tema su Dante Alighieri.
La speranza della religione
Le opere di Dante sono molto importanti nella letteratura italiana, innanzitutto perché quasi sempre costituiscono “un precedente”, cioè qualcosa di innovativo che prima non c’era e dopo il quale nulla sarà più come prima, ma anche perché ci offrono una visuale privilegiata sul panorama culturale medievale, dal punto di vista della scoperta dei personaggi, delle conoscenze, della letteratura e del mito, della varietà dei linguaggi e, non per ultima, della visione del mondo ultraterreno e dell’aldilà.
A questo proposito diciamo subito che la visione della realtà che ha Dante è di tipo religioso, in cui la storia è una manifestazione lineare e progressiva di verità cristiane e segni divini che pian piano si rivelano. Se tutti gli accadimenti, dunque, possono essere interpretati da un punto di vista cristiano, allora si comprende perché una critica così feroce della sua contemporaneità e un’amplificazione della condanna dei vizi, sia fisici che morali, che affliggono l’essere umano impedendogli di raggiungere la perfezione divina.
Dante affronta, a vantaggio della prima, anche il rapporto tra la filosofia divina – o teologia – e la filosofia che deriva dal mero pensiero umano e individua anche i due fini – l’uno naturale e l’altro soprannaturale – dell’uomo che non si equivalgono ma che occupano una posizione ben precisa nell’ordine precostituito dell’universo, come pure l’etica e la metafisica, anch’esse concepite separatamente.
La delusione della politica
La concezione pessimistica della politica che emerge da tutte le opere di Dante, non dobbiamo dimenticarlo, è da attribuire al fatto che quando egli scrive la Commedia (fonte principale di tutte le tematiche dantesche) si trova in esilio.
Egli non ha fiducia in un Paese che vorrebbe unito ed è invece diviso tra Papa e Imperatore, tra Guelfi e Ghibellini, tra le logiche parziali e miopi dei singoli Comuni, così diversi tra loro perché incapaci di individuare gli elementi unitari di fondo che avrebbero potuto costituire il terreno comune di una nazione ancora ben lungi dal costituirsi.
Anche per questo Dante si rifugia nella religione e, nella sua fortunatamente scarsa modestia, per il suo capolavoro immagina di intraprendere un viaggio ultraterreno della durata di una settimana che ha il solo scopo di indicare all’uomo la via della salvezza.
La novità del linguaggio
Spesso sentiamo dire dai nostri professori che Dante ha praticamente “creato” la lingua italiana. E hanno ragione, anche se la sua opera maggiore non è di prosa, ma è scritta in terzine di versi endecasillabi, cioè formati da undici sillabe.
Ma è il linguaggio usato dal Poeta a rivestire un’importanza particolare: all’interno della Commedia, ad esempio, sa passare da una lingua bassa, a tratti dialettale usata nell’Inferno, a un linguaggio più alto e disteso utilizzato per descrivere il Purgatorio, fino alla lingua sublime parlata nel Paradiso.
Anche all’interno della stessa cantica, poi, il linguaggio assume molte forme: concreto e plebeo nelle invettive, è in grado di elevarsi fino al cielo nel ricordo dell’amata Beatrice, che è un altro dei temi fondamentali che trattiamo qui. Ma prima di arrivarci, riassumiamo quel che abbiamo detto del linguaggio: il “sole nuovo” che per Dante è destinato s’ora in avanti a illuminare tutta la conoscenza, non è più il latino, bensì la lingua allora detta volgare, cioè il primo italiano.
Ancora una volta il Poeta dimostra, così, di essere un passo avanti a tutti.
Beatrice, l’amata
Ogni personaggio, reale o fittizio, che troviamo nelle opere di Dante ha un significato ben preciso, ma per Beatrice il discorso si fa molto più ampio. Innanzitutto perché è protagonista sia della Divina Commedia, sia di un’opera precedente: la Vita Nova.
Qui viene narrato il rapporto tra i due, dal primo incontro all’età di nove anni (i numeri sono probabilmente fittizi perché per il Poeta svolgevano un ruolo simbolico fondamentale) fino al secondo a 18, quando lei, infastidita da un suo comportamento che probabilmente una gentildonna dell’epoca trovava licenzioso, le tolse il saluto, gettandolo nella più nera disperazione (anche questo dovete calarlo nel contesto culturale di otto secoli fa).
Oltre a questo antesignano dei romanzi d’amore come li conosciamo oggi (che il Sommo non me ne voglia per l’infelice comparazione) Beatrice è presente, nella sua veste più esplicita di donna angelicata, anche nella terza cantica della Divina Commedia: l’ultima parte del viaggio che conduce Dante in Paradiso. Virgilio, infatti, essendo pagano, non può accompagnare il Poeta oltre il Purgatorio; per giungere al cospetto di Dio ci vuole una guida eccezionale, perfetta e ineccepibile nella sua purezza, come solo la donna idealizzata poteva essere e che qui simboleggia il ruolo della teologia, l’unica scienza che può condurre, appunto, alla luce di Dio.
Il capolavoro della Commedia
Non che finora non ne abbiamo parlato abbastanza, ma ci sono ancora alcuni punti da chiarire in merito al capolavoro dantesco per eccellenza: la Divina Commedia. D’altronde ci sarà un motivo se a scuola la studiamo così in profondità, leggendola settimanalmente per ben tre anni alle superiori, o no?
Ebbene, in estrema sintesi, questa meravigliosa allegoria parla del viaggio dell’uomo nella vita, che secondo la visione dantesca deve essere un viaggio dal buio del peccato originale alla contemplazione della luce di Dio, che si può raggiungere attraverso una vita retta, ma anche attraverso gli studi teologici. Seguendo una traiettoria verticale, si passa, dunque, dall’esplorazione di uno spazio fisico di male, fino a quello dell’espiazione necessaria per arrivare al Sommo Bene, che è il fine ultimo a cui l’uomo è destinato: il cammino verso la santità. Dante è stato il primo a dirlo, o almeno a dirlo così bene, usando la poesia. E scusate se è poco.
Foto | Andrea del Castagno, Dante Alighieri. Ciclo degli uomini e donne illustri. Affresco, tra il 1448 e il 1451, Galleria degli Uffizi, Firenze via WikiCommons
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