il figlio del mago

Il figlio del mago: Sandrone Dazieri ci porta in un mistero del 1993

Toscana, estate 1993. Antonio è del 1976 e ormai ha quindici anni. Ha dovuto ripetere la terza media e ora, finita la scuola, deve decidere se trovare lavoro da manovale o altro più o meno precario oppure proseguire i non amati studi.

Il figlio del mago

Il padre Enzo era nato giostraio figlio di giostrai e, dopo una obbligata parentesi da meccanico in officina, quando aveva conosciuto la madre (rimasta presto incinta), erano ripartiti tutti in carovana, sulla strada tra la Campania e la Calabria.

Antonio aveva vissuto in un campino fino ai sei anni. I sei anni migliori della sua vita (finora) e i peggiori per la madre, che aveva chiesto la separazione al momento dell’inizio della sua scuola elementare, trovando occupazione come callista nel retro di un negozio di scarpe ortopediche e lavorando anche d’agosto in un ospizio per tenere in ordine le vecchie.

Una calda sera di quel luglio rivede il padre. Prendono una pizza insieme. La stessa notte il camper dove viveva prende fuoco, muore nel rogo.

Un incidente che non lo è

Antonio capisce che non è stato un incidente, che c’è almeno un assassino in giro, forse una setta. Comincia a indagare. Pian piano scopre che il padre gli aveva mentito in più occasioni, su uno dei primi pesanti cellulari che usava, sulla passione per la magia nera e su alcuni affari criminali in cui era invischiato.

Del resto, forse non solo sciacalli erano tornati sulla scena del crimine (il camper bruciato), lasciando rose rosse a testa in giù. Altri avevano inspiegabilmente perquisito o rubato in casa loro. Gli stessi carabinieri mostrano di avere indizi di qualcosa e risultano molto sospettosi (c’erano stati altri delitti in zona, non sempre risolti bene). Infine, tanti amici o conoscenti sembrano voler rintracciare una scatola preziosa, disposti a uccidere per ritrovarla. Si rischia la vita.

Le ispirazioni del noir di Sandrone Dazieri

L’affermato sostanzioso scrittore di genere Sandrone Dazieri (Cremona, 1964) afferma di essersi ispirato per il suo bel romanzo breve ad alcune “morti collaterali” del Mostro di Firenze, quell’ecosistema collinare naturale e umano tra Prato e il capoluogo regionale, quel tipo di personaggi con precedenti penali e ai margini della vita sociale, quel periodo storico a cavallo fra Ottanta e Novanta, quelle notizie di cronaca vera connesse alle molte vittime della catena di delitti rimasti senza colpevoli (soprattutto proprio nel biennio 1992-1993, come spiega la nota finale).

Non si tratta, comunque, di un’invenzione letteraria relativa all’intera eclatante vicenda dei Mostri (almeno sedici persone uccise dal 1968 al 1985), piuttosto di una possibile (per coincidenze e connessioni) intima vicenda collaterale concentrata sull’ingresso traumatico di un 15enne nella vita adulta.

Stile e struttura de Il figlio del mago

La narrazione è in prima persona al passato. Il ragazzo racconta alcuni mesi della sua transizione: il bisogno di capire meglio ruoli e caratteri dei genitori separati, l’introspezione rispetto a modelli di vita non tradizionali (pochi operai o contadini), i primi incontri sessuali con l’esperta acuta ragazza che gli piace ma è fidanzata, la curiosità crescente accanto a un senso di giustizia privata.

Segnalo i trucchi di magia basati sulla semplicità, a pagina 120, richiamano La lettera rubata di Poe.

Quasi tutti hanno motorini, la madre e altri la classica Vespa, Antonio un veloce Ciao molto ben ritoccato.

Si suona Vasco, si ascolta Jovanotti, ma l’amico Benny preferisce Neil Young o altro “vecchiume”. Vino non manca (mai da quelle parti).

Il libro

Sandrone Dazieri
Il figlio del mago
Rizzoli, 2023

Valerio Calzolaio

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