Il 15 aprile 1945 è il giorno in cui il filo spinato del campo di Bergen-Belsen è stato sfondato da un carro armato guidato da un soldato inglese. C’era il sole durante la liberazione di tutte quelle persone? Si avvertiva anche laggiù, nel lager, la primavera? E cos’altro si avvertiva?
Forse sogno di vivere
Ce lo ha raccontato una delle poche sopravvissute al genocidio degli zingari, Ceija Stojka (che quel carro armato lo ha visto con i suoi atterriti occhi di undicenne), nel libro Forse sogno di vivere, edito da Giuntina nel 2007.
Schiava innocente che non rappresenta il singolo ma una umanità intera; vittima del Porrajmos – Olocausto in lingua rom – in età adulta lascia che i ricordi si riversino sulla carta e giungano a noi perché niente sia dimenticato. Perché è giusto così. Ma, leggendo questo libro, quanto vorremmo che almeno lei avesse invece dimenticato gli orrori che racconta?
Una bambina rom a Bergen-Belsen
Trasferita da Auschwitz nel campo di Bergen-Belsen, la bambina rom Ceija visse per quattro mesi assieme a sua madre e altri parenti in condizioni indescrivibili, tra montagne di cadaveri in cui intrufolarsi per non sentire freddo, cibandosi di stracci e lacci di scarpe – quando la sorte era buona – altrimenti di terra che, se scavavi, aveva un sapore migliore.
Mi è doveroso dirvi che questa lettura vi farà star male. Non mi vergogno di ammettere la mia commozione in certi passaggi, talmente duri da richiedere una pausa. Ma non duri perché raccontati con rabbia, dolore, rancore, odio, no; duri da accettare, da sopportare, da assimilare come reali, seppur raccontati con semplicità e privi di quell’odio feroce che ci si aspetterebbe da una vittima di tali atrocità. Invece questa straordinaria donna, non maledice, ma si domanda come ciò sia potuto accadere. E ci dice che potrebbe succedere ancora. Come hanno potuto, tanti uomini, mettersi così ciecamente nelle mani di un solo uomo?
Io, leggendo questo e i tanti altri libri sull’argomento, sgomenta mi chiedo come sia possibile che l’essere umano, se legittimato a farlo, mostri tanta crudeltà e sadismo. È proprio questo che mi fa dar ragione all’autrice quando dice che potrebbe accadere ancora. Rendiamocene conto.
Una lettura dolorosa
Ceija Stojka ha passato il resto della sua vita, naturalmente da donna libera, nella città di Vienna, dove – poetessa, scrittrice, musicista, pittrice – ci ha lasciato testimonianze importanti del suo vissuto ma soprattutto della sua grande umanità, che traspare fin dalle sue testimonianze di adolescente che – avutane l’occasione – non riesce a sollevare il bastone contro il suo aguzzino.
Vivere. Vivere a ogni costo. È questo che ci fa trovare la forza per andare avanti anche quando sarebbe un atto di pietà verso noi stessi fermarsi?
Là dentro si verifica in primo luogo un crac. Poi nella testa e nel corpo, cancelli tutte le possibilità, ogni brama e desiderio. Mangi solo quello che trovi. Ecco che c’era un pezzo di tessuto. L’ho masticato fino a quando non è diventato come una balla di paglia e quindi l’ho ingoiato. Un essere umano è davvero molto tenace.
E ancora:
Se ti trovi in pericolo non avrai mai paura per te, avrai paura per il tuo bambino o per tua madre che è insieme a te. Questo ci ha dato la forza e la volontà di resistere.
Perché leggere il libro Forse sogno di vivere
Leggetelo: il male che ci farà questa lettura non potrà che educarci a far sì che non possa accadere mai più.
Un libro toccante, commovente, che racconta di vita e amore per la vita in una vicenda che ha provocato troppe inutili morti. Un tempo terribile, eppure descritto con grande umanità e toni pacati, in un testo che spinge a grandi interrogativi.
Si tratta di una storia che fa star male, che provoca strappi nell’anima, che non può essere letta tutta d’un fiato: necessita di pause, necessarie ad accettare atrocità reali. Se in un libro cercate leggerezza, se desiderate qualcosa di rilassante o tranquillizzante, questa non è una lettura per voi.
Il libro
Ceija Stojka
Forse sogno di vivere. Una bambina rom a Bergen-Belsen
traduzione di Enrico Paventi
La Giuntina, 2007
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