Gabriella Genisi, I quattro cantoni
Gabriella Genisi, I quattro cantoni

I quattro cantoni di Gabriella Genisi: davvero un buon romanzo

Bari. Fine autunno, circa un annetto fa. All’alba del 3 dicembre la brava attraente commissaria Lolita Lolì Lobosco, diffidente di carattere e corvina di capelli, madre siciliana e padre napoletano (carabiniere ammazzato davanti casa quand’era piccolina), profilo civetta su Facebook, amica di Montalbano (una vecchia breve storia di passione), ormai 45enne, si sveglia nella casa in affitto sul mare di Giancarlo Caruso, il bel vicequestore separato (con figlio) dai capelli lunghi e brizzolati, con il quale aveva vissuto una mezza storia durante il mandato a Padova e che l’ha raggiunta in Puglia per consolidare il rapporto. Sono presenti sia la gatta Penelope che il cane Buck, vivono con lui, il risveglio è piacevole.

Però lei non è ancora pronta a mettersi un uomo nella sua di casa, di scottature ne ha già avute parecchie, sui maschi ormai non fa affidamento affettivo, le brucia ancora il gioco delle tre carte dell’ex marito Michele e del più recente Giovanni Panebianco, narcisista patologico.

Poi l’avvisano di un omicidio avvenuto poche ore prima, cambia tutto, ne è totalmente assorbita.

I quattro cantoni

Gabriella Genisi, I quattro cantoni

Dopo una tortura lenta e raffinata hanno ucciso un fotografo professionista, il 50enne Nanni De Carne, basso e magrolino, trovato appeso a un gancio del soffitto, a testa in giù, bocca imbavagliata e corpo flagellato con un coltello da bistecca. Faceva foto a prostitute nigeriane dalla finestra, aveva materiale pedopornografico, in qualche modo era coinvolto in una rete di ricatti. Bisogna vederci chiaro.

All’inizio sembra che siano stati due rom, certo avevano di che vendicarsi, però le prove scarseggiano. Arriva il Ministro che ci mette il carico da undici.

Lolita è sconvolta dal clima di odio e razzismo e coinvolta dai drammi della comunità rom e delle bambine violate. Caruso è inspiegabilmente scomparso (con una donna?), Panebianco improvvisamente morto di malattia, tutto turbina intorno con altre uccisioni efferate. Qualcuno di vicino la mette sotto tiro e gioca con lei, agli angoli le pedine, lei al centro, rischia la vita.

Le avventure della commissaria Lolita

Ottava avventura (in dieci anni) della divertente serie (presto in televisione) sull’intraprendente decisa commissaria Lolita (nome popolare evocativo) per la brava scrittrice Gabriella Genisi (Bari, 1965).

Il titolo I quattro cantoni fa appunto riferimento al gioco, nome che la protagonista assegna infine all’intera operazione.

I quattro cantoni, davvero un buon romanzo

La scrittura è cresciuta per stile e maturità, davvero un buon romanzo, leggero ma non leggiadro, complesso al punto giusto. La trama riprende tante questioni d’attualità, il personaggio (che scarica le tensioni al poligono di tiro) e le dinamiche sociali funzionano, dialoghi e battute non annoiano, l’arte c’entra, pochi ingranaggi “gialli” non vengono approfonditi (per esempio il delitto del 1983). In tal senso, anche la nuova protagonista individuata dall’autrice in Salento, “il” maresciallo 28enne Francesca Chicca Lopez, appare frutto di una stessa complementare ottima ricerca letteraria. Sintetica ed efficace la descrizione delle famiglie zingare nei campi rom, distanti dal preteso nomadismo. Appare pure il giustiziere di Macerata a pagina 42. La telefonata con Salvo è tutto un programma!

Il rum risulta davvero ottimo con la cioccolata fondente (per quella di Modica è più incerto), per quanto dica Del Giudice, il collega della Digos tornato da Roma.

Comunque, come da tradizione, vi sono oltre una decina di reinterpretate succulente ricette pugliesi in fondo, memoria di generazioni di nonne, talora anche con l’abbinamento dei vini (il Negroamaro per esempio) e del vestiario (Louboutin e Chanel N. 5).

Il libro

Gabriella Genisi
I quattro cantoni
Noir
Sonzogno, 2020

Valerio Calzolaio

Valerio Calzolaio

1 Commento

  1. Politicamente impegnato, letterariamente modesto. Personaggi privi di spessore, clichè banali e melensi. Un esempio di come la narrazione del territorio, con le sue tradizioni ed il suo linguaggio, possa raggiungere vette sublimi in alcuni autori (vedi, per tutti, Camilleri) ma anche scadere in una enunciazione piatta e ripetitiva (come, mi spiace dirlo, in questo caso). Un consiglio: lasci la narrativa e si dedichi alla politica, attività nella quale, in tempi di populismo generalizzato, la comunicazione non richiede maturità ed anche se elementare produce i suoi frutti.

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