Copertina del libro Lo sport è un gioco con sfondo rosso e titolo in giallo

Philippe Descola riflette sul gioco e lo sport nelle società premoderne

Società umane, vicine e lontane, nello spazio e nel tempo.

Negli ultimi decenni le scienze sociali hanno dato sempre maggiore importanza agli aspetti non linguistici della cognizione e dell’azione, in particolare per quanto riguarda l’apprendimento di attività pratiche, siano esse relative a competenze tecniche specifiche o allo svolgimento meccanico di attività quotidiane.

Anche quando le competenze sono trasmesse pure attraverso il linguaggio, orale o scritto, vanno comunque acquisite (“incorporate”, “incarnate”) come un riflesso, e non come una forma riflessiva, come una catena di automatismi, non come una lista di operazioni da compiere.

Lo sport è un gioco?

Così, tutti gli sport hanno il loro vocabolario specifico per descrivere azioni, movimenti del corpo, modi di usare uno strumento. Ma le parole che usiamo cominciano ad avere senso solo quando abbiamo interiorizzato ciò a cui fanno riferimento, quando scopriamo che quel gesto che siamo finalmente arrivati a padroneggiare corrisponde al termine che usiamo per nominarlo.

Servono schemi cognitivi e sensori-motori ad hoc e alta flessibilità adattativa, un insieme di compiti imparentati tra loro, la cui attivazione non intenzionale è innescata da un tipo di situazione particolare, che si concretizza ogni volta in modo un poco diverso dal precedente (e dal successivo), come la pratica di un’attività “sportiva” appunto. Ed è comparando tra loro campi di significato appartenenti a culture dalle tradizioni tecniche diverse che (grazie ad antropologi, storici, linguisti) potremmo sperare di sollevare un angolo del velo che dissimula la ragione dei gesti nell’oscurità delle abitudini e dell’apprendimento imitativo, restituendo più dignità, precisione e profondità al linguaggio del corpo. Lo sport ci guadagnerebbe.

Le riflessioni di Philippe Descola

Il grande influente antropologo francese Philippe Descola (Parigi, 1949) rispose qualche anno fa ad alcune domande sul tema Lo sport est-il un jeu? Le interviste a lui e ad altri noti intellettuali francesi (riconducibili a diversi campi del sapere), redatte in collaborazione con un istituto specializzato e competente, furono poi pubblicate tutte insieme con lo stesso titolo dalla casa editrice Robert Laffont (2022).

Struttura del saggio Lo sport è un gioco?

Con prefazione e riferimenti bibliografici dell’antropologo italiano Stefano Allovio (1968) esce ora l’intervista a Descola. Un testo brevissimo che, dopo i riferimenti a “le parole che usiamo”, contiene domande e risposte relative a:

  • Il gioco, un rituale, universale (attività di emulazione e apprendimento, praticata nell’infanzia e nell’adolescenza, un fine in sé molto più di quanto non lo sia il risultato).
  • Rivalità e individualismo (fece un seminario in materia al Collège de France nel 2020, disponibile online).
  • Philippe Descola e lo sport (cricket, andare a cavallo, sci alpino, boxe francese).
  • Identità e appartenenze (gli aspetti di “identificazione” nazionale, regionale, locale).
  • Lo sport contemporaneo (competitivo capitalizzato mediatizzato mondializzato, prevalentemente nato nelle grandi scuole inglesi, come un dispositivo di creazione delle élite e di preparazione alle carriere militari, con proprie sacre dimensioni estetiche).
  • Disneylandizzazione (dell’intera Europa).
  • L’uomo macchina.
  • Un universale della relazione (conferire diritti a degli habitat, territori, località, insiemi; riorganizzare lo sport come bene comune).

Molti spunti critici

L’autore parte dalla sua personale esperienza etnografica presso gli achuar dell’alta Amazzonia (Ecuador). Riflette sull’apprendimento della caccia e della guerra “a bassa intensità” (per divenire “esperti” ci vogliono decenni di pratica collettiva). Si dissocia da ogni posizione di carattere morale, offre molteplici spunti critici.

Il libro

Philippe Descola
Lo sport è un gioco?
traduzione di Niccolò Casens
prefazione all’edizione italiana di Stefano Allovio
Raffaello Cortina, 2024

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Valerio Calzolaio

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