Sant’Agostino è, probabilmente, uno dei padri della chiesa che con i suoi scritti ha influenzato il pensiero dell’umanità, fino ai giorni nostri (basti pensare alla sua frase, citata a proposito e a sproposito, “Ama e fa quel che vuoi”).
I temi trattati da sant’Agostino nei suoi discorsi e nei suoi libri sono i più vari ma, come nota Pasquale Cormio, «non vi è pagina agostiniana nella quale non risuoni il nome di Cristo: nei sermoni, in modo particolare, si evidenzia “la preponderanza riconosciuta a Cristo come oggetto di contemplazione e di predicazione”. E se tale affermazione interessa tutto il ministero della predicazione di Agostino, ancor più essa si addice alla presentazione di Cristo nei discorsi pronunciati per le festività del S. Natale».
Ecco, allora, alcune frasi di Natale di Sant’Agostino per prepararsi a questa festa molto sentita.
Frasi di Natale di Sant’Agostino
- Dio si è fatto uomo. Cosa diverrà l’uomo, se per lui Dio si è fatto uomo?
- Il Signore Gesù volle essere uomo per noi. Non si pensi che sia stata poca la misericordia: la Sapienza stessa giace in terra! In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (Gv 1,1). O cibo e pane degli angeli! Di te si nutrono gli angeli, di te si saziano senza stancarsi, di te vivono, di te sono come impregnati, di te sono beati. Dove ti trovi invece per causa mia? In un piccolo alloggio, avvolto in panni, adagiato in una mangiatoia. E per chi tutto questo? Colui che regola il corso delle stelle succhia da un seno di donna: nutre gli angeli, parla nel seno del Padre, tace nel grembo della madre. Ma parlerà quando sarà arrivato in età conveniente, ci annunzierà con pienezza la buona novella. Per noi soffrirà, per noi morirà, risorgerà mostrandoci un saggio del premio che ci aspetta, salirà in cielo alla presenza dei discepoli, ritornerà dal cielo per il giudizio. Colui che era adagiato nella mangiatoia è divenuto debole ma non ha perduto la sua potenza: assunse ciò che non era ma rimase ciò che era. Ecco, abbiamo davanti il Cristo bambino: cresciamo insieme con lui.
- Il Verbo del Padre, per mezzo del quale sono stati creati tempi (Cf. Gv 1, 3), divenuto carne, ci ha donato il suo Natale nel tempo. Per la sua nascita umana volle avere un giorno determinato, lui senza il cui intervento divino nessun giorno può scorrere. Egli che presso il Padre precede tutta l’estensione dei secoli, nascendo dalla madre nel tempo in questo giorno si inserì nel defluire degli anni. Il creatore dell’uomo è diventato uomo: perché, pur essendo l’ordinatore delle stelle, potesse succhiare da un seno di donna; pur essendo il pane (Cf. Gv 6, 35), potesse aver fame (Cf. Mt 4, 2); pur essendo la fonte (Cf. Gv 4, 13), potesse aver sete (Cf. Gv 19, 28); pur essendo la luce (Cf. Gv 1, 9) potesse dormire (Cf. Lc 8, 23); pur essendo la via (Cf. Gv 14, 6) potesse stancarsi per il viaggio (Cf. Mc 14, 56); pur essendo la verità (Cf. 2 Tim 4, 1) potesse essere accusato da falsi testimoni (Cf. 1 Cor 1, 30); pur essendo giudice dei vivi e dei morti (Cf. Mt 27, 26-29) potesse essere giudicato da un giudice mortale; pur essendo la giustizia (Cf. 1 Cor 3, 11) potesse essere condannato da uomini ingiusti; pur essendo il flagello potesse essere colpito da flagelli; pur essendo grappolo potesse essere coronato di spine; pur essendo il fondamento potesse essere sospeso ad un legno; pur essendo la fortezza potesse diventare debole; pur essendo la salvezza potesse essere ferito; pur essendo la vita potesse morire. Sostenne per noi queste cose ed altre simili pur non meritandosele, per liberare noi anche se eravamo indegni. Mentre né lui, che per noi sopportò tanti mali, si meritava alcunché di male, né noi, che tramite lui abbiamo ricevuto tanti beni, ci meritavamo alcunché di bene. Per questi motivi colui che era Figlio di Dio prima di tutti i secoli senza inizio di giorni, negli ultimi tempi si è degnato di diventare figlio dell’uomo. E colui che, nato dal Padre, non è stato formato dal Padre, è stato formato nella madre che aveva fatto. é nato da lei per poter rimanere finalmente qui in terra; mentre lei mai e da nessuna parte avrebbe potuto esistere se non per mezzo di lui.
- La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo (Sal 84, 12). I Giudei, come afferma l’Apostolo, non volendo riconoscere la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio (Rom 10, 3). Donde l’uomo può diventare giusto? Da se stesso? Ma quale povero può sfamarsi da se stesso? Quale nudo può coprirsi se non gli viene data una veste da un altro? Non avevamo la giustizia, avevamo soltanto i peccati qui in terra. Donde viene la giustizia? Quale giustizia può esservi senza la fede? Il giusto infatti vive per la fede (Rom 1, 17). Chi senza avere la fede si dice giusto mente. Come può non esservi la menzogna dove non c’è la fede? Chi vuol dire il vero si converta alla verità. Ma questa era lontana. La verità è sorta dalla terra. Tu dormivi, essa venne a te; tu eri in coma, essa ti ha svegliato; ti ha fatto strada con la sua persona per non perderti. Concludendo: La verità è sorta dalla terra, cioè il Signore nostro Gesù Cristo è nato da una vergine; la giustizia si è affacciata dal cielo affinché gli uomini diventassero giusti non di una giustizia propria, ma di quella di Dio.
- Oh, grande benevolenza! grande misericordia! Era il Figlio unico, e non ha voluto rimanere solo. L’unico Figlio che Dio aveva generato e per mezzo del quale tutto aveva creato, questo Figlio, lo inviò nel mondo perché non fosse solo, ma avesse dei fratelli adottivi. Noi infatti non siamo nati da Dio come l’Unigenito, ma siamo stati adottati per grazia sua. L’Unigenito infatti è venuto per sciogliere i peccati, che ci impedivano d’essere adottati: egli stesso ha liberato coloro che voleva fare suoi fratelli, e li ha fatti con lui eredi. E’ questo che dice l’Apostolo: Se sei figlio, sei anche erede da parte di Dio (Gal 4, 7); e ancora: Noi siamo eredi di Dio e coeredi di Cristo (Rm 8, 17). Non ha avuto paura, lui, d’avere dei coeredi, perché la sua eredità non si impoverisce per il fatto che sono molti a possederla. Essi stessi diventano la sua eredità, in quanto sono da lui posseduti, e lui a sua volta diventa la loro eredità.
- Osserva, uomo, che cosa è diventato per te Dio: sappi accogliere l’insegnamento di tanta umiltà, anche in un maestro che ancora non parla. Tu una volta, nel paradiso terrestre, fosti così loquace da imporre il nome ad ogni essere vivente (Cf. Gn 2, 19-20); il tuo Creatore invece per te giaceva bambino in una mangiatoia e non chiamava per nome neanche sua madre. Tu in un vastissimo giardino ricco di alberi da frutta ti sei perduto perché non hai voluto obbedire; lui per obbedienza è venuto come creatura mortale in un angustissimo riparo, perché morendo ritrovasse te che eri morto. Tu che eri uomo hai voluto diventare Dio e così sei morto (Cf. Gn 3); lui che era Dio volle diventare uomo per ritrovare colui che era morto. La superbia umana ti ha tanto schiacciato che poteva sollevarti soltanto l’umiltà divina.
- Quali lodi potremo dunque cantare all’amore di Dio, quali grazie potremo rendere? Ci ha amato tanto che per noi è nato nel tempo lui, per mezzo del quale è stato creato il tempo; nel mondo fu più piccolo di età di molti suoi servi, lui che è eternamente anteriore al mondo stesso; è diventato uomo, lui che ha fatto l’uomo; è stato formato da una madre che lui ha creato; è stato sorretto da mani che lui ha formato; ha succhiato da un seno che lui ha riempito; il Verbo senza il quale è muta l’umana eloquenza ha vagito nella mangiatoia, come bambino che non sa ancora parlare.
Foto | Sandro Botticelli [Public domain o Public domain], attraverso Wikimedia Commons
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